Il colloquio

"Siamo al 1984 della genetica". Intervista al biologo Jacques Testart

Giulio Meotti

Lo scienziato che ha permesso la nascita della prima bambina francese nata in provetta dice al Foglio. “Trent’anni fa parlavamo ancora della ‘dignità dell’embrione’. Oggi possiamo fargli ciò che vogliamo”

Dopo aver lavorato al laboratorio di agronomia di Jouy-en-Josas, la “Mecca” per la riproduzione in vitro dei mammiferi, nella penombra del suo laboratorio Jacques Testart realizzò l’impensabile: fecondazione in vitro di un essere umano. Era il 1982 e nacque Amandine, la seconda bambina dopo l’inglese Louise Brown a essere fabbricata in provetta. Ma quando la minuscola sfera si divideva in quarti omogenei, Testart si stupiva sempre più della facilità con cui aveva saputo dominare la vita. E così, le avventure delle pipette iniziarono ad atterrirlo e cominciò a invitare alla prudenza, a “tradire”. La scienza, disse il grande biologo embrionale, deve porsi un limite o diventerà fantascienza. E da allora Testart non fa che ripeterlo, come nell’ultimo numero del Monde diplomatique, dove scrive: “L’infanticidio, la gestione dei matrimoni, la sterilizzazione, lo sterminio o l’aborto rischiano di apparire presto come mezzi molto poveri per migliorare la qualità umana per quanto riguarda i contributi della genetica molecolare, combinata con l’informatica e la biologia cellulare. Ci sono tutte le ragioni per credere che ciò che è stato possibile nei topi sarà possibile nella nostra specie. Non sono escluse derive autoritarie in nome del bene collettivo”. Nei giorni scorsi, il Telegraph ha pubblicato una inchiesta agghiacciante. “Questa sarà l’ultima generazione di bambini con la sindrome di Down”. Lo screening Nipt, un banale esame del sangue che rileva il cromosoma 21 che causa la sindrome, sta portando a zero le nascite. 

“Nella sua forma contemporanea (azioni benevole e liberamente concordate) l’eugenetica è sempre più ancorata alle pratiche di procreazione assistita, in tutta Europa con lo smistamento degli embrioni secondo le loro caratteristiche genetiche”, dice il dottor Testart al Foglio. “Allo stesso tempo, vecchie pratiche come il certificato coniugale (lanciato dalla fondazione Alexis Carrel negli anni Quaranta e abbandonato qualche decennio fa) vengono riproposte dai medici per evitare unioni geneticamente ‘sfavorevoli’. Inoltre, c’è una corsa al sequenziamento del genoma della popolazione, che dovrebbe consentire trattamenti preventivi di patologie che però sono largamente assenti. Così, in nome della medicina predittiva e preventiva, la nostra identità biologica sarà sempre più disponibile. Ma per chi? E perché farlo?”. 

In un libro del 1986, “L’uovo trasparente”, il biologo scriveva: “Tra poco i nostri piccoli saranno scelti come al canile, colore dei capelli e lunghezza degli arti…”. Testart si disse spaventato dalla prospettiva di aborti in vitro e squilibri demografici, “per esempio a  favore del maschio”. Aveva compreso di aver aperto il vaso di Pandora. 
Inizialmente, nella nascita di Amandine Testart aveva visto solo un “atto tecnico”, di pura “idraulica”, che aveva permesso di “riparare” la sterilità di una coppia. Poi capì la rottura antropologica. Oggi Testart è preso da una strana sensazione.  “Non ho capito fino al giorno della nascita del primo ‘bambino in provetta’, stupito dal notevole tumulto mediatico, che quello che si stava celebrando doveva essere qualcosa di diverso da quello che avevamo fatto noi… e ho capito che la prima ‘esternalizzazione’ dell’individuo (la sua presenza in vitro) avrebbe autorizzato controlli o manipolazioni al fine di perfezionare la sua nascita (la sua presenza nel mondo). Questa cosa mi ha portato a mettere in guardia contro la diagnosi preimpianto cinque anni prima della sua invenzione”. 

Ormai quasi più nessuno evoca il rispetto per la vita umana non ancora nata, diventata una merce, come alla fiera della maternità surrogata di Parigi e che si vorrebbe doppiare a Milano. “Trent’anni fa il Comitato etico nazionale parlava della ‘dignità’ dell’embrione, oggi dietro le proposte biomediche sulla fase embrionale c’è un obiettivo privilegiato per agire su tutti (medicina predittiva/preventiva) e quindi sulle specie future” continua Testart. “Tutti (tranne i cattolici) ammettono che possiamo fare sull’embrione ciò che non oseremmo fare sui nati, ma non vogliamo vedere che le azioni sull’embrione riguardano l’essere umano”.

In un libro, “Au péril de l’humain”, lei ha denunciato il transumanesimo come vettore ideologico della nuova eugenetica. “Questo mescola ideologia competitiva (liberalismo economico e performance individuale), igienismo (protezione contro gli effetti della  ‘natura’) e scientismo (ammettere che la scienza è il principale mezzo di emancipazione)”. 
Rischiamo così di cadere in una distopia. “Si deve guardare alla visione politica di George Orwell per capire l’alienazione dell’umanità quando pretendiamo di ‘controllare’ il suo destino con tecnologie e pratiche di dominio”.

Di più su questi argomenti:
  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.