bandiera bianca
Alta quota, bassa fatica
Mentre piangiamo gli ennesimi alpinisti vittime delle vette, in Nepal, dalla Cina arriva la notizia di un sistema di scale mobili per salire in montagna senza sudare. Ma anche a tremila, l’uomo resta sempre "seduto sul suo culo"
Nella settimana in cui piangiamo gli ennesimi alpinisti vittime dell’ennesima tragedia sull’ennesima montagna, assume tutt’altro valore la novità che qualche giorno fa ci aveva fatto sorridere: e cioè che in Cina hanno escogitato un ingegnoso sistema di scale mobili per consentire di salire senza fatica in cima al monte Lingshan, nella provincia di Jiangxi. Lì per lì sembrava una curiosa trovata per turisti pigri, ma oggi, rileggendola con la coloritura nera che hanno assunto le notizie che discendono dalle vette, può trovare un senso più profondo nel tentativo ingenuo di addomesticare la natura ove si rivela più impervia e, come tale, ostile. È ovvio che, come dice Reinhold Messner, la montagna non è malvagia; come tutta la natura, la montagna è neutra e considera gli esseri umani poco più che parassiti di cui a stento si accorge. Piuttosto è l’uomo che, con la sua smania di salire sui monti anche se non è un’aquila, o di tuffarsi negli abissi anche se non è un regalecide, per noia o per sfida si caccia in guai che la natura non gli impone. Siamo fatti così e non c’è rimedio, pertanto ogni critica è superflua, inclusa quella di far notare che, una volta arrivati in cima, la soddisfazione è breve e il desiderio aumenta. La scala mobile per raggiungere comodamente quota duemilatrecento metri di altitudine non è altro che un metodo più rapido per toccare con mano ciò che Montaigne, senza imbragatura né picozza, aveva intuito cinquecento anni fa: anche sulla sommità più elevata del mondo, siamo pur sempre seduti sul nostro culo.