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Bandiera Bianca
I Savoia rivogliono i gioielli della Corona, ma in Italia vince sempre il banco
Un tesoro di trecento milioni consegnato alla Banca d’Italia nel 1946 torna a far discutere. Secondo gli eredi del re, era in custodia; secondo lo stato, è storia passata. Tre soluzioni di buon senso che verranno ignorate
E così lo stato italiano detiene un tesoro della Corona che ammonta a circa trecento milioni di euro e consta di gioielli e preziosi che i Savoia consegnarono alla Banca d’Italia pochi giorni dopo il referendum del 1946, quando erano in procinto di partire per l’esilio. Ottant’anni dopo, gli eredi della casa regnante fanno presente che quei gioielli erano stati dati in affidamento allo stato, non confiscati dallo stato; e che, come tali, spetterebbero ai Savoia nel frattempo legittimamente rientrati in Italia.
Bisogna essere finissimi giuristi per capire la legge 1004 del 1850 con cui Vittorio Emanuele II (iuxta articolo 19 dello Statuto Albertino) regolò fruizione e godimento dei beni immobili e mobili in dotazione alla casa regnante; inoltre, farsi venire il mal di testa a furia di cavilli non è sufficiente a stabilire se il tesoro sia della famiglia Savoia e suoi eredi, o dell’ormai estinto Regno d’Italia, o di un generico stato italiano che nel frattempo ha cambiato forma, statuto, confini, inno e bandiera. Certo, il buon senso prevedrebbe che, se il tesoro è della famiglia, spetti agli eredi; se è del Regno, non sia della Repubblica; se è dello stato, venga messo a disposizione dei cittadini come bene comune. Ma il buon senso, da noi, esce immancabilmente sconfitto. In Italia vince sempre il banco, e i Savoia dovrebbero saperlo dal famoso 1946.