(foto Ansa)

bandiera bianca

Cosa dice di noi il turista inciampato per scattarsi una foto davanti a un quadro agli Uffizi

Antonio Gurrado

Più che mostrarci scandalizzati del danneggiamento dell'opera di Anton Domenico Gabbiani, dovrebbe inquietarci la lesa maestà nei confronti di Ferdinando de Medici. Che un uomo del genere si facesse ritrarre in tenuta solenne è sensato. Lo è molto meno che oggi lo vogliano tutti, di continuo

Adesso non facciamo finta che tutti noi sessanta milioni di italiani siamo i massimi esperti di Anton Domenico Gabbiani, accaniti lettori delle biografie scritte dal Baldinucci e dall’Hugford, onde mostrarci scandalizzati per la sua tela squarciata agli Uffizi; adesso non gridiamo al sacrilegio artistico e al capolavoro tradito, visto che perfino la voce Treccani usa ampie perifrasi per insinuare come, insomma, la pittura del Gabbiani non fosse questo gran che (“interprete raffinato, anche se a volte ripetitivo, delle aspirazioni delle casate fiorentine verso una pittura idealizzata, del tutto adeguata ai luoghi di rappresentanza e ai soggetti aulici”).

Il principale danno causato dal turista inciampato per farsi scattare una foto davanti al quadro sta, a dire il vero, nella lesa maestà di Ferdinando de Medici: costui, pur non ricoprendo mai ruoli governativi di rilievo, fu restauratore del teatro della Pergola, finanziatore di Vanvitelli, corrispondente di Scarlatti, autore di opere filosofiche elogiate da Leibniz. Che un uomo del genere si facesse ritrarre in tenuta solenne è più che sensato; meno sensato è che oggi un passante voglia oscurarlo, piantandosi davanti a lui per farsi ritrarre nella stessa posa.

A fine Seicento eternare un sembiante era un procedimento lento e costoso, perciò riservato solo a quei quattro gatti che se lo meritavano, galleggiando nel circostante mare di mediocrità; a inizio Duemila è invece facilissimo e pressoché gratuito, tanto che lo facciamo di continuo. Tutti si fanno ritrarre e nessuno restaura teatri, nessuno finanzia architetti, nessuno scrive a musicisti, nessuno viene ammirato da Leibniz. Aveva torto Tocqueville: la democrazia non è la dittatura della maggioranza. È la dittatura degli analfabeti funzionali.

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