Bandiera Bianca

Dietro al dibattito sulle pagelle restano i veri problemi della scuola

Antonio Gurrado

Accanirsi sulle valutazioni dei bambini certifica il terrore di dover affrontare le vere questioni che distorcono l'istruzione. Sembra che ci interessi solo che i nostri figli vadano bene in classe. A farci cosa, non importa

Trovo molto interessante l’acceso dibattito attorno ai voti dei bambini delle scuole elementari, che il ministero vuole trasformare nei più diretti “buono”, “ottimo”, “insufficiente”, rispetto ai bizantini eufemismi cui era ricorso il governo Conte: “avanzato”, “base”, “in via di prima acquisizione” (mancava solo “salvo intese”).

Questo accanirsi collettivo sulla pagella di bambini di sei, otto, dieci anni certifica la nostra età mentale media, il nostro terrore di dover affrontare prima o poi questioni come i fondi per la ricerca, diritti e doveri di dottorandi e specializzandi, il valore legale della laurea, la misteriosa utilità di quella triennale, la liceizzazione delle università, l’insensatezza dell’esame di stato, l’analfabetismo di ritorno su banchi e cattedre delle scuole superiori, i danni dell’innalzamento dell’obbligo scolastico, il fallimentare esperimento di sessant’anni di scuola media.

Soprattutto, però, la discussione riguardo ai voti in pagella è tutta imperniata su come definire i livelli della valutazione da appioppare al malcapitato pargolo, mentre non lambisce manco per idea le specifiche conoscenze e capacità da associare a quella valutazione. Ci interessa solo che i nostri figli vadano bene a scuola. A farci cosa, non importa. 

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