La visita di Meloni alla scuola di Caivano (Foto Ansa)

bandiera bianca

Non è la scuola che può risolvere il problema della delinquenza minorile, né a Caivano né altrove

Antonio Gurrado

I docenti dovrebbero insegnare qualcosa a chi non sa nulla, non civilizzare i barbari o bonificare aree degradate. Attenzione ad attribuire (o assumersi) responsabilità 

Spero che gli insegnanti non ci caschino: si invoca un po’ troppo la scuola attorno a faccende come gli eventi di Caivano e il conseguente decreto emergenziale sulla delinquenza minorile. Alla scuola – designata però con l’astratto e vago termine “istruzione”, così da occultare che si tratta di persone specifiche che praticano un mestiere concreto in un contesto effettivo – viene attribuito il potere taumaturgico di sanare il futuro e debellare la delinquenza minorile di là da ogni azione repressiva. Spero che gli insegnanti non ci caschino perché sarebbe uno scarico di responsabilità bello e buono, che li investe di un dovere umanitario che non rientra nelle loro mansioni e che sminuisce lo stramaladettissimo motivo per cui ci sono scuole su tutto il territorio italiano, ossia insegnare qualcosa a chi non sa nulla, e non bonificare aree degradate, o civilizzare i barbari, o evangelizzare gli eschimesi. Attribuire alla scuola la responsabilità di redimere i piccoli criminali significa dire agli insegnanti che, se qualcuno di questi fanciullini buca loro le gomme, o li minaccia, li mena, li accoltella, allora la colpa è degli insegnanti stessi perché non li hanno educati bene. Significa dichiarare che la scuola finora è stata inutile, perché a Caivano e dintorni le scuole ci sono già.

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