bandiera bianca

Lettera aperta di Guglielmo Marconi all'imbrattatore del suo busto

Antonio Gurrado

Uno sconosciuto imbratta il busto di Marconi sulla terrazza del Pincio e rivendica l'azione su Facebook. Scomodato dall'oltretomba, l'inventore della comunicazione senza fili prova a fargli notare il paradosso

Buonasera, sono Guglielmo Marconi, l’inventore di Facebook. Più precisamente, ho inventato il principio della comunicazione senza fili, grazie a cui i vostri nonni ascoltavano la radio, i vostri genitori guardavano la tv, i vostri fratelli seguono gli streaming e voi vi rimbecillite sui social.

 

Ieri avete imbrattato il mio busto al Pincio e poi avete rivendicato l’atto, giustificandolo con la mia convinta e irrevocata adesione al fascismo (sono stato, non dico per vantarmi, anche membro del Gran Consiglio). È vero che le mie scoperte decisive risalgono a ben prima della marcia su Roma – non so voi, ma io il Nobel l’ho vinto nel 1909 – ed è vero anche che in effetti, ad esempio, ho detto di essere un fascista ante litteram avendo riunito per primo i raggi elettrici in un fascio; lo trovate scritto anche su Wikipedia, che ho inventato sempre io.

 

La questione dei miei rapporti col fascismo è notoriamente controversa e non sarò certo io a dirimerla dall’oltretomba, ormai sono fatti vostri. Una cosa invece non è controversa affatto: l’imbrattamento del mio busto l’avete rivendicato su Facebook, addirittura trasmettendolo in video, e affermando che non si può “accettare di venerare personaggi che hanno fatto del fascismo una mentalità senza ripensamenti”.

 

Se voleste essere coerenti fino in fondo nel denigrarmi, per prima cosa dovreste chiudere il vostro profilo Facebook, senza ripensamenti.

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