BANDIERA BIANCA

Se anche lo sconto di pena diventa una questione di genere

Antonio Gurrado

Negli Stati Uniti, un uomo condannato per terrorismo ha dichiarato di voler cambiare sesso. Per questo chiede che la sua carcerazione sia gestita diversamente, e anche la sua pena

Bisogna affidarsi a Santa Starosta – la donna barbuta fatta crocifiggere dal padre – per raccapezzarsi nel caso di Michael Hari, alias Emily Claire. Hari è stato condannato lo scorso anno per aver piazzato una bomba nel centro islamico di Bloomington, in Minnesota. Se non che da un po’ di tempo le foto segnaletiche di questo terrorista autonomo e irsutissimo compaiono corredate da una didascalia che lo qualifica col nome femminile: l’identità verso cui Hari ha dichiarato di voler effettuare una transizione, richiedendo di venire trasferito in un carcere femminile.

 

La questione è spinosa poiché pare che la legge determini la carcerazione in base al genere in cui ci si identifica, però non ci vuole un genio per intuire che Hari è pericoloso e che in un carcere femminile potrebbe fare ulteriori danni. D’altro canto, a rigore, una galeotta che non gradisse Hari come compagno di cella sarebbe la più classica delle TERF. Intanto l’avvocato di Hari, nel frattempo divenuto avvocato di Emily Claire, ha richiesto uno sconto sulla pena in quanto Hari avrebbe compiuto l’attentato in un periodo di notevole tormento interiore dovuto alla volontà di diventare donna; anche qui non ci vuole un genio a intuire che, una volta trasferita, Emily Claire protesterà che lei non ha niente a che fare col misfatto di Michael Hari, anzi non lo conosce nemmeno, forse non esiste.

 

Resta un solo dubbio: se la carcerazione viene disposta in base alla percezione che il criminale ha di sé, non dovrebbero venire lasciati liberi tutti i condannati che si identificano come innocenti?

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