Le elementari non finiscono mai

Antonio Gurrado

La Commissione Cultura e Istruzione del Senato ha reintrodotto i giudizi al posto dei voti in pagella alle elementari

Sarà che sono passati trent’anni e rotti, sarà che sto invecchiando male, ma il mio fanciullino interiore non ha saputo rispondere quando gli ho chiesto se alle elementari avesse ricevuto in pagella dei voti numerici o dei giudizi verbali. Non se lo ricorda. C’è da capirlo, povero fanciullino: all’epoca più della pedagogia e della normativa gli interessavano i giochi, i cartoni animati, il calcio, al limite dormire. Intervistato oggi riguardo all’emendamento con cui la Commissione Cultura e Istruzione del Senato ha reintrodotto i giudizi al posto dei voti alle elementari, il fanciullino suddetto viene preso alla sprovvista, non sa esprimere un’opinione, non comprende (è ancora più interessato al calcio e ai giochi che alla didattica) tutto quest’accanimento degli adulti su faccende secondarie che lasciano del tutto indifferenti i più piccoli. Né ricorda se, come ha detto una firmataria dell’emendamento, venendo valutato con un voto si sia mai sentito considerato un numero. Ciò vuol dire che – si chiede ancora il fanciullino – quando alle medie lo valutavano su una scala che andava dalla a alla e, doveva sentirsi considerato una lettera? Mistero. Il fanciullino mio interiore riprende a pensare ai fatti propri, al gioco, al calcio, e mi molla lì a ponderare sulla notizia: cosa significa l’abolizione dei voti alle elementari? È un contentino per i genitori, i quali anziché “Il mio bambino ha preso 4”, potranno dire orgogliosi: “Il mio bambino ha preso una supercazzola di sei righe”? È forse l’inizio di uno smottamento di tutto il sistema della valutazione, che dalla scuola primaria si estenderà su per li rami fino a liceo e università, dove in luogo di trentesimi e centodecimi, per non far sentire lo studente un numero, si giudicheranno gli esami con paginate dense di “visto e considerato”, di “tenendo conto”, di “imperocché”, di “salvo intese”? O magari è soltanto la certificazione, la presa di coscienza del fatto che in Italia – dove nulla è mai chiaro e distinto ma tutto è verboso, fumoso e intraducibile come il giudizio della maestra su un bambino che dovrebbe prendere 4 – non sono gli esami, ma sono le elementari che non finiscono mai?

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