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Non si può insegnare tramite app

Antonio Gurrado

Una nota scuola privata di inglese ha trasformato gli insegnanti in personal tutor degli studenti declassandoli ad assistenti di una applicazione prodotta dalla scuola stessa. Così non si svilisce solo l'insegnamento, ma anche il linguaggio

Una nota scuola privata di inglese ha trasformato gli insegnanti in personal tutor degli studenti, escamotage irritante poiché li declassa ad assistenti di una app prodotta dalla scuola stessa. Significa che, mentre prima il ruolo degli insegnanti era ritenuto necessario per imparare una lingua, ora la loro presenza diventa gregaria di un automatismo sufficiente di per sé ad apprendere l’inglese. Oltre allo svilimento degli insegnanti colpisce però lo svilimento del linguaggio, ridotto a scienza esatta: è ovvio che, a differenza di un insegnante, una app non si stanca, non fa errori, non divaga, non crea un rapporto e costa pure meno. In questo modo una app è lo strumento ideale per trasmettere una conoscenza asettica, ideale per utilizzare il linguaggio come mera funzionalità comunicativa, di cui servirsi in modo standard sul lavoro dopo avere allungato il curriculum di una riga. Una lingua morta, insomma, che sterilizza le parole impedendo di giocarci – come invece ha fatto la medesima scuola illudendo gli alunni che un personal tutor, col tocco esotico e intimista del termine, possa essere meglio di qualcuno che t’insegna qualcosa.

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