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Si può dire che Roberto Saviano è un "servo del capitale"?

Antonio Gurrado

La frase è apparsa su un enorme murale che a Scampia ritrae Pasolini; l'ha inserita Jorit, lo street artist la cui caratteristica è griffare le proprie opere con frasettine nascoste qua e là

Si può dire che Roberto Saviano è un servo del capitale? Sia chiaro, io non lo penso o, comunque, non ritengo che lo sia più di me o di qualsiasi altra persona che, a fronte di un servizio, riceve degli emolumenti che poi investe per ottenere servizi altrui e così via. Fatto sta che la frase incriminata – “Saviano servo del capitale” – è apparsa su un enorme murale che a Scampia ritrae Pasolini; non per opera di vandali bensì per scelta di Jorit, lo street artist la cui caratteristica è griffare le proprie opere con queste frasettine nascoste qua e là, quasi indecifrabili. Sta al pubblico poi lo scovarle o il decrittarle; il guaio è che finché si tratta di banali esortazioni fila tutto liscio, “Pier Paolo uno di noi” o “Scampia chiede lavoro” va bene, mentre “Saviano servo del capitale” non la fa franca. Peggio ancora, Jorit sostiene di non ricordare se ha scritto la frase o meno: la sua procedura è cogliere parole dette dai passanti, includerle nel murale e poi, a quanto pare, dimenticare tutto quando il colore si asciuga.

 

 

Abbiamo quindi la seguente situazione: una frase che non si legge, scritta da uno che non se la ricorda e detta da un altro che non si sa chi sia, per significare un concetto che non si capisce. Ci sono tutti gli elementi per una bella polemicona sterile, di quelle predilette dalla cultura italiana, con magari un hashtag dinoccolato tipo #siamotuttiservidelcapitale. Ma sarebbe ancor meglio se Roberto Saviano, grande sceneggiatore prestato alla letteratura, cogliesse la palla al balzo per scrivere un film in difesa del diritto degli artisti a dire ciò che vogliono, anche quando non sanno quello che dicono.

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