Altro che sessismo, anche a Natale ogni regalo è discriminatorio

Antonio Gurrado

Dopo l'ipocrita campagna contro Pandora ce ne sono state molte altre

M’intristisce, quando ci passo dinanzi, un enorme cartellone di Pandora senza slogan: sarà ammutolito dopo che, a inizio dicembre, le prefiche del web avevano accusato di sessismo la gioielleria a causa di una pubblicità in cui si suggeriva che per Natale una donna avrebbe preferito un monile a un pigiama o a un grembiule o a un ferro da stiro. Se del resto fate un giro sulla pagina Facebook “La pubblicità sessista offende tutti” (9.000 fan), strabiliate. È segnalato il calzaturificio Castañer perché, rappresentando una donna che sbuca dietro un albero di Natale, la riduce a tronco di vegetale. È segnalata la schiena di una donna nascosta da una scopa per il liquore Strega. La Yamamay, perché presenta una modella natalizia con fiocco rosso e quindi la donna oggetto bla bla bla. La Clementoni, perché fa giochi diversi per bambini e bambine. Del resto, se la pubblicità sessista offende tutti, che offesa sia: cosa dovrei dire per il modello nudo del lucido Calzanetto, che copre le pudende con un paio di scarpe perché, recita lo slogan, sono la prima cosa che una donna guarda in un uomo? O per l’abbigliamento Boggi, il quale proclama che un vero gentiluomo non parla bensì agisce? Io sono maschio, parlo molto e ho scarpe pessime eppure non mi offendo perché so che, ogni volta che scegliamo un determinato regalo di una certa marca, lo facciamo perché presumiamo che piaccia o che sia utile al destinatario in base alla categoria cui appartiene. Come tale, ogni regalo è discriminatorio: se lo fate a una donna è sessista, se lo fate al nonno è vecchista, se lo fate al vostro capo è gerarchista e così via. La pubblicità si limita a far leva su queste generalizzazioni per persuaderci meccanicamente. Quindi, a Natale, qualsiasi cosa regaliate ai vostri cari non sperate che ricambino: sarà già tanto se non vi denunceranno.

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