La mela realizzata da Michelangelo Pistoletto davanti alla Stazione Centrale di Milano

L'utilità di una mela davanti alla Stazione Centrale di Milano

Antonio Gurrado
Lo scultore Michelangelo Pistoletto ha idee complesse e quando guarda la ombra della sua opera d'arte a Milano, non vede bivacchi di immigrati bensì “una immagine di accoglienza straordinaria in un momento drammatico per gli uomini che lo vivono”.

Buonasera, io sono una mela. Credevo anzi di essere una mela ma l'uomo che mi ha fatto, Michelangelo Pistoletto, ha spiegato al Corriere che in realtà sono “un simbolo di speranza, la ricerca dell'equilibrio tra la natura e il progresso scientifico e tecnologico”. Noi mele purtroppo siamo fatte così: abbiamo forma semplice come le nostre idee. Il mio scultore invece ha idee complesse pertanto, quando guarda la mia ombra, non vede bivacchi di immigrati bensì “una immagine di accoglienza straordinaria in un momento drammatico per gli uomini che lo vivono”.

 

In quanto mela non ho naso e non ho olfatto, perciò non saprei dire se il momento sia talmente drammatico da portare gli uomini che lo vivono a mollare sotto di me le proprie deiezioni. Tuttavia ho cervello, quindi deduco che o Pistoletto mi ha creato allo scopo di assegnarmi la funzione di riparo dei derelitti, e allora sin da principio non credeva in me come opera d'arte; oppure voleva costruire una tendopoli davanti alla Stazione Centrale di Milano ma non era capace, e allora gli è venuta fuori una mela. Altrettanto semplici sono le mie idee sull'immigrazione: mio padre lo scultore dichiara che è “più costruttivo trovare delle soluzioni anziché invocare emergenze e fare propaganda”, però una mela mia parente, nella vecchia pubblicità di un dentifricio, diceva che prevenire è meglio che curare.

Di più su questi argomenti: