Che cosa dimentica chi chiude un morto in una caffettiera

Antonio Gurrado

Sono terminati da poco a Montebuglio i funerali di Renato Bialetti, che è stato consegnato all’eternità in una caffettiera. Non è una metafora. Su almeno tre siti ho visto la foto inconfutabile della mokona con le ceneri dentro, piantata davanti al Santissimo fra le rose bianche e l’altare apparecchiato.

    Sono terminati da poco a Montebuglio i funerali di Renato Bialetti, che è stato consegnato all’eternità in una caffettiera. Non è una metafora. Su almeno tre siti ho visto la foto inconfutabile della mokona con le ceneri dentro, piantata davanti al Santissimo fra le rose bianche e l’altare apparecchiato; più la guardavo meno riuscivo a crederci, forse perché la parrocchia delle esequie è intitolata a San Tommaso apostolo. Oltre che celeberrimo fra gli increduli, tuttavia, San Tommaso è patrono degli architetti, categoria in cui presumo rientri anche chi lavora col design e quindi esercita il dominio dell’uomo sugli oggetti. La funzionalità ci asservisce alle cose ma il design dimostra che siamo in grado di contrapporre un gusto estetico personale, la cui ricercatezza e inutilità sono l’impronta della nostra padronanza. Il design è un modo per ricordarci che comandiamo perfino su ciò di cui abbiamo bisogno, mentre chiudere un morto in una caffettiera aiuta a dimenticare che da vivo ci stava sopra.