Il nuovo capo di stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano (foto LaPresse)

Non vogliamo i colonnelli

Redazione
Sono loquaci i generali italiani. Ma sulla Libia decida la politica

"No al blocco navale in Libia”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera il nuovo capo di stato maggiore della Difesa, il generale Claudio Graziano. Dalle colonne del principale giornale del paese il vertice della Difesa nazionale dice che il blocco navale “in assenza di una risoluzione Onu o della richiesta del paese interessato (la Libia, ndr) è un’azione di guerra. Si fa contro un nemico. Sarebbe controproducente”. Come si intuisce dalle parole del generale si tratta di una questione di opportunità politica e non c’è motivo di dubitare che le sue obiezioni al blocco navale siano da tenere in conto. Ma forse il problema dell’opportunità riguarda prima di tutto il fatto che il comandante dell’apparato militare si lanci in considerazioni e prese di posizione su questioni politiche che spetterebbero ad altri. E non è la prima volta che accade. Già il predecessore del neo insediato Graziano, l’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, poco prima di lasciare l’incarico e sempre dalle colonne del Corriere si era espresso contro l’intervento militare in Libia (“E perché mai? Le armi migliori si chiamano diplomazia e Consiglio di sicurezza dell’Onu”), contro Triton e a favore di Mare nostrum per soccorrere gli immigrati.

 

Per non essere da meno del suo predecessore, Graziano è intervenuto su altri temi di politica estera, sull’opportunità di sostenere in Siria il dittatore Assad per contrastare i tagliagole dell’Isis: “Le speranze sono affidate alla politica e alla diplomazia. E le regole della diplomazia inducono talora a considerare il nemico amico”. Non c’è dubbio che i vertici della Difesa abbiano le competenze adeguate per consigliare le istituzioni sulle opzioni politico-militari migliori da adottare, può darsi che la strada della diplomazia e dell’Onu sia la più efficace per la crisi in Libia, può darsi che il blocco navale e la guerra siano controproducenti, ma è opportuno che i militari non prendano posizioni pubbliche su temi di politica estera o difesa e che esprimano i propri pareri nei modi e nelle sedi adeguate. Perché il compito di prendere decisioni di fronte all’opinione pubblica spetta alla politica, al governo e al Parlamento, mentre ai colonnelli tocca obbedire. E spesso anche a scelte che non condividono.