Un cartello degli antagonisti contrari alla manifestazione di Salvini a Roma sabato scorso (foto LaPresse)

La piazza di sabato e un passato da cui non si può scappare (Le Pen insegna)

Lanfranco Pace

Sabato, a Roma è venuto il mal di testa, come a un ballo in maschera in cui non si è preparati a incontrare ere incoerenti, il dinosauro accanto al dottor Spock e alla marchesa di Pompadour. De Luca, Germano, Salvini. Gli intolleranti e i refrattari

Sabato, a Roma è venuto il mal di testa, come a un ballo in maschera in cui non si è preparati a incontrare ere incoerenti, il dinosauro accanto al dottor Spock e alla marchesa di Pompadour. Dal corteo degli antagonisti, Erri De Luca, poeta breve, ha fatto sapere di essere rinato: una battaglia politica così democratica e generosa è stata per lui una boccata di aria pura, che è come dire nel mondo di Erri che il passato sempre rimpianto è finalmente venuto a riappropriarsi del presente. Elio Germano, bravo attore, non ha un passato almeno nel senso errideluchiano, per questo ha creduto di dover recitare ancora “il giovane favoloso” e a questo titolo commentare gli eventi con voce fuori campo dall’effetto assai estraniante. A coordinare questo primo ballo, Piero Bernocchi, antagonista in servizio permanente effettivo, leader dei Cobas, i cosiddetti comitati di base. Con il vecchio Piero feci la prima occupazione di facoltà e la prima manifestazione di piazza, esattamente quarantasette anni or sono. Come tutti quelli strutturalmente magri e fisicamente ben allenati che sembrano sempre baciati dall’eterna giovinezza, è uguale a quello di un tempo, il volto leggermente più segnato, il corpo da cultore di arti marziali: si vede a occhio nudo che essere incazzato è il suo mestiere, non ha mai avuto dubbi, è sempre stato dalla parte degli umiliati e degli offesi, anche se oggi si troverebbe una certa difficoltà a dire chi siano, perché umiliati e offesi e da chi. Quando si dice una traiettoria lineare, un’autostrada senza caselli d’uscita.

 

Però prendersi un pezzo di città per manifestare contro la libertà degli altri ha un che di autoritario, già all’epoca si poteva immaginare i Bernocchi e i De Luca come ministri degli Interni, improbabili certo, ma più intolleranti e repressivi dei democratici cristiani. Quanto a parlare a nome dei romani di cui si suppone che non amino la Lega, ha l’odore stantio dell’avanguardismo di un tempo. E infine guardare quelli di CasaPound come pericolosi nazisti, rispolverando un antifascismo militante che già tanti lutti produsse in passato è il segno che il tempo non sempre è galantuomo, a volte è inutile. In fisica, i materiali che non lasciano passare luce o calore vengono chiamati refrattari. In politica refrattario è chi rimanda indietro il principio di realtà, trasforma la coazione a ripetere in coerenza personale: così non si rigenera, non cambia, in una parola non vive, in attesa della solita palingenesi finale si riduce a testimone di un passato che non ha presente.

 

All’opposto, Salvini e la coinquilina Meloni hanno dimostrato invece la freschezza del presente che non ha passato. Non hanno grandi scheletri nell’armadio, non sono responsabili di particolari scempiaggini, ogni volta che gli chiedono di dare conto delle contraddizioni, di ieri o fra ieri e oggi, rispondono che la cosa non li riguarda, loro guardano in avanti, verso il futuro. In fondo fanno tenerezza, sono gli ultimi giunti nella politica che vorrebbe contare e addirittura un domani governare, sono appena usciti dal liquido amniotico, strillano molto e agitano i pugnetti. Non è sfuggita l’espressione divertita e un po’ perversa con cui Umberto Bossi, un vecchio che sembra rifiorito, si è rigirato verso la Meloni che dalla tribuna inveisce contro Renzi.

 

In realtà il leader di oggi che non abbia una qualche radice nel passato finisce inevitabilmente per mancare di spessore, e quando si racconta usa parole che per voler essere capite da molti risultano troppo semplici e a volte stupide. Anche Renzi ha semplificato e non poco idee e linguaggi, effettivamente parla come tuitta, ma un passato ce l’ha, come amministratore pubblico ed erede di un certo cattolicesimo politico riformatore. A fingere di essere sempre all’anno zero, ci si ritrova senza padri, senza fratelli e sorelle maggiori, al più con “zio Ignazio”. E con un curriculum tutto dentro la nomenclatura partitica, non si incute paura e gli elettori potrebbero domandarsi se al di là dell’efficacia della maschera il loro beniamino non finisca cotto e brasato. Del passato si deve rispondere, a più forte ragione quando se n’è fatto parte solo marginalmente, un leader deve saper spiegare perché è stato ieri federalista e oggi statalista, ieri regionalista oggi nazionalista, ieri localista e oggi autarchico. Anche Marine Le Pen ha fatto finta per un po’ di essere nuova e fresca come una rosa: poi l’hanno costretta a rispondere sulle ambiguità del padre, sull’uso della tortura e su fatti e misfatti del colonialismo. Non si scappa dal passato. E lei se l’è cavata niente male.

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  • Giornalista da tempo e per caso, crede che gli animali abbiano un'anima. Per proteggere i suoi, potrebbe anche chiedere un'ordinanza restrittiva contro Camillo Langone.