Gennaro Migliore (foto LaPresse)

Il “migliorista” Migliore e il pre-pasticciaccio delle primarie campane

Marianna Rizzini

“Sto cercando i fili d’erba da coltivare, quelli che parlano del futuro”. Parola di Gennaro Migliore, deputato pd (ex Sel) e candidato alle primarie del centrosinistra per la corsa alla presidenza della regione Campania – e nel paragone agreste c’è tutto il pasticciaccio.

Roma. “Sto cercando i fili d’erba da coltivare, quelli che parlano del futuro”. Parola di Gennaro Migliore, deputato pd (ex Sel) e candidato alle primarie del centrosinistra per la corsa alla presidenza della regione Campania – e nel paragone agreste c’è tutto il pasticciaccio. Succede infatti che in Campania la sola parola “primarie” evochi lo spettro della catastrofe del 2011, quando file di cinesi ai seggi infransero il sogno di “democrazia dal basso” in casa pd (seguì commissariamento con vittoria alle amministrative di “Giggino” De Magistris l’arancione). Nessuno le vuole (forse), tutti le vogliono (forse): sono tre mesi che le primarie entrano ed escono dal calendario del partito (sono slittate già tre volte e c’è chi vorrebbe un’assemblea per farle saltare in nome della “candidatura unitaria”). Ma lui, Migliore, il candidato e deputato ex Sel, “migliorista” di nome e di fatto da quando, nei primi anni Duemila, era l’esponente di Rifondazione che i giornalisti interpellavano se serviva “un rifondarolo moderato anche esperto di Esteri”, non può ritirarsi, adesso, né chiedere una proroga, ché ormai è in ballo “per la base” di fronte ai principali concorrenti “d’apparato”: Antonio Cozzolino e Vincenzo De Luca. Eppure un “che ci faccio qui?” (visto il gran pastrocchio) affiora sottotraccia: Migliore è andato ad Avellino, giorni fa, e se n’è uscito con una frase che neppure un cinque stelle in crisi: la mia non è “una candidatura individuale ma collettiva” a elezioni primarie “dei cittadini e non dei candidati”. Certo è che il “migliorista” pensava alla Campania fin dai mesi del tormento (“ricomincio da Napoli”, diceva prima di lasciare Sel a ridosso del voto sugli 80 euro renziani in busta paga, ché Migliore vorrebbe magari fare il sindaco). E a Napoli tutto torna: Migliore è nato a Napoli, anche se è cresciuto a Casoria, e a Napoli ha fatto la gavetta. “Quant’era bello fare il consigliere comunale”, ha detto un giorno, in un momento di amarcord per le prime soddisfazioni istituzionali da ex studente che al liceo, nel 1985, andava in piazza contro il ministro dell’Istruzione Franca Falcucci, prima di iscriversi all’Università e laurearsi in Fisica (dice la leggenda con una tesi dal titolo che pare un discorso vendoliano: “Distribuzioni partoniche nella diffusione profondamente inelastica”).

 

“Ricomincio da Napoli”, dunque, anche perché Migliore, con tutti gli ex bertinottiani, dal 2008 al 2013 ha attraversato il famoso deserto dopo lo schiaffo (sinistre arcobaleno rimaste fuori dal Parlamento). E anche il Pd da Napoli vuol ricominciare, cercando per tempo i futuri anti De Magistris (possibilmente mezzo renziani). Ma s’è messo in mezzo il garbuglio della corsa a governatore, con la suddetta palude di primarie-miraggio che ci sono e non ci sono. Nella confusione, Migliore, ex capogruppo Sel, a Sel rivolge il suo pensiero: “Guardiamoci a sinistra”, ha detto parlando di future alleanze, con riflesso meno migliorista del solito, ché l’idea del transfuga ex vendoliano era quella di entrare nel Pd per migliorarlo appunto dall’interno (dopodiché Migliore dice di essersi candidato in Campania per “riscattare nove anni di sconfitte elettorali” del Pd – i nove anni in cui lui non c’era). E alla Leopolda, nell’ottobre scorso, da neo iscritto pd, salendo sul palco in abbigliamento casual, Migliore aveva buttato lì quello che ora appare il suo programma: “Non dirò troppe cose di sinistra, immagino dovrò farle”, e “comunque la sinistra”, per citare Eduardo De Filippo, “non è il ragù della mamma e basta”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.