Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

I miglioristi e Renzi. Storia di un'altra scissione

Redazione

Le riforme che continuano e vengono approvate, con o senza il Nazareno, Renzi che continua il suo programma, le minoranze Pd che si scontrano, provano a urlare, poi si rintanano senza nulla aver raccolto. Chi sta con Renzi chi sta contro Renzi. Dibattito gustoso sul Foglio degli ultimi giorni.

Le riforme che continuano e vengono approvate, con o senza il Nazareno, Renzi che continua il suo programma, le minoranze Pd che si scontrano, provano a urlare, poi si rintanano senza nulla aver raccolto. Nel corso dell'ultima legislatura abbiamo assistito a molte scissioni tra i partiti. L'ultima, sfiziosissima, è quella tra i miglioristi di area Pd. Chi sta con Renzi chi sta contro Renzi. Dibattito gustoso sul Foglio degli ultimi giorni.

 


Sono le ore quindici di un lunedì freddo a Milano, a due passi da Porta Romana. Alcune persone si infilano nell’ingresso di un noto teatro, uno dei templi della cultura di sinistra meneghina. Per chi non è di Milano, diciamo che il luogo è il Teatro Franco Parenti, il già mitico Salone Pier Lombardo. Il cronista del Foglio è riuscito a infilarsi alla riunione riservata, in una stanza in ombra in fondo al foyer, pareti nere e un piccolo palco verde, un tavolino, e adesso è in grado di raccontarvi che cosa è successo. Se fosse un pezzo insider del direttore del Foglio, inizierebbe più o meno così. Solo che, a questo punto, spunterebbero fuori dei giovani trentenni renziani, con due smartphone per orecchio, e slide e progetti di rottamazioni e start up. Invece ecco un ventina, trenta, persone, qualche bella signora e molte teste brizzolate, età minima di ingresso sopra la cinquantina, sessanta il punto giusto. E’ una riunione di miglioristi del fu Pci. Miglioristi?, esclameranno a questo punto i nostri giovani lettori. Sì, miglioristi. Ma l’ultimo, magnifico migliorista, il loro capo, non se n’è appena andato dal Quirinale, dopo nove anni, osannato come un padre della patria?, insisteranno. No, la storia è un po’ più varia, un po’ più complessa, persino più attuale. E anche interessante. Se ci seguite nel racconto.

 

Al tavolo dei relatori, con Antonio Napoli, già coordinatore della corrente più liberale del Partito comunista e organizzatore dell’incontro, c’è Umberto Ranieri,  barba e occhiali. E’ lui che prende la parola. Non per parlare dei tempi andati: “Le battaglie dei miglioristi non hanno perso attualità. Molte di quelle tracce si possono ritrovare oggi in Renzi, e nelle cose che il presidente del Consiglio sta provando a realizzare adesso”. Ecco, Renzi. Perché le battaglie portate avanti, ormai più di trent’anni fa, dalla corrente liberal-socialista del Pci furono “battaglie difficili, concluse per vari motivi con una sconfitta storica, per noi e per tutta la sinistra”. Ma sono, guarda un po’, molte delle stesse di Renzi: le riforme istituzionali, la riforma del mercato del lavoro, una visione economica adeguata alla modernità globale, idee di politica estera europeiste e con una visione critica, già allora, del problema islamico, tanto per fare esempi. In generale, la lotta contro il massimalismo conservatore della sinistra. Lo stesso che innerva i nemici interni di oggi di Matteo Renzi.

 

Perché trovarsi a parlare di questo? Lunedì andava in scena a Milano un raduno di esponenti della lista dei miglioristi che erano presenti al Congresso nazionale del Pci del 1991, a Rimini, quello che cambiò il nome in Pds. Non è, come si potrebbe pensare, la riunione della leva calcistica del 1968. E non sarà l’unica, se l’obiettivo è la nascita di una “Associazione Miglioristi” in cui rimettere in circolo le idee e le forze degli eredi, chiamiamoli i ragazzi, della corrente guidata da Giorgio Napolitano. C’erano Piero Borghini, Salvatore Veca, il filosofo del gruppo, Enrico Morando, oggi sottosegretario all’Economia, Umberto Minopoli, oggi presidente di Ansaldo Nucleare e tra i promotori della riunione assieme a Sergio Scalpelli. Salvatore Veca dice: “Avevamo capito che solo come erede del liberalismo il movimento comunista poteva avere un futuro. Era riformismo, e fu liquidato come ‘oscura degenerazione morale’”. Ora che la storia gli ha dato postuma ragione, si può dare una mano di idee, progetti, a un partito – il Pd, di cui in pochi hanno la tessera – che voglia essere differente, non più il partito-ditta e autoreferenziale di Bersani. Minopoli ci tiene a precisare che “non è per stare ancora a ridiscutere se avesse ragione Bernstein o Lenin”. Morando ribatte che no, ma “lo scontro nella sinistra è ancora esattamente quello”, purtroppo, tra una sinistra liberale e una sbandata populista da arginare, e il vecchiume civatiano. E allora, Renzi. Se vuole. Per Borghini Renzi è addirittura “il nostro vindice”. O meglio, come argomenta  Scalpelli: “Il renzismo è la fase suprema del migliorismo. Nel senso che Renzi può realizzare le idee che i miglioristi propugnavano allora, ma che non hanno saputo realizzare”. Dove il “non hanno saputo”, ha per Scalpelli un suono diverso dal banale rimpianto: “Non ci riuscimmo, perché restammo prigionieri del mito dell’unità del partito. Per cui, a un certo punto, si rinunciava alla battaglia delle idee e ci si adeguava”. Ma non va più così, può non essere più così, nel Pd di oggi. Quello che può sconfiggere i “peggioristi” con le riforme.
Maurizio Crippa

 


Al direttore - Mercoledì scorso il Foglio ha pubblicato una corrispondenza da Milano, firmata dal bravo Maurizio Crippa: “Miglioristi, a noi!”. Si racconta di una riunione degli “eredi politici di Napolitano” che hanno come loro “vindice” Matteo Renzi. Dirò dei presenti. Assenti giustificati Paolo Bufalini, Luciano Lama, Gerardo Chiaromonte, Gianni Pellicani che non sono più in questa terra. Assente l’ignaro Giorgio Napolitano chiamato abusivamente in causa. Assenti Cervetti, Corbani e Roberto Vitali che hanno avuto a Milano un notevole ruolo tra i riformisti. Assenti i miglioristi siciliani, toscani ed emiliani ecc. Assenti Giovanni Matteoli e anch’io che qualche responsabilità ebbi nella costituzione dell’area riformista nel Pci-Pds e anche nella conclusione della sua vicenda. Io non ho obiezioni sul fatto che Umberto Ranieri ritrovi “molte tracce” della sua personale esperienza migliorista, in Renzi; che Scalpelli veda in Renzi la “fase suprema del migliorismo” (quello suo); che per Borghini Renzi sia il suo “vindice”. A Milano si sono incontrati un gruppo di amici ex miglioristi oggi renziani di ferro, come altri renziani provenienti da altre esperienze consumate a sinistra, nella Dc, e altrove: anche Marchionne è renziano. Nel partito personale si trova di tutto. Rispetto tutti i miei vecchi e giovani compagni, ad alcuni di loro voglio molto bene. Ma la pretesa, di essere gli autentici interpreti dell’area riformista e intestarla a Renzi, francamente è non solo arbitraria ma penosa.

Emanuele Macaluso

 

Dall’inizio della legislatura si sono divisi, e scissi, nell’ordine: il Pdl; il Movimento 5 stelle; il Centro; Sel; Ncd; Forza Italia pure non sembra che si senta tanto bene; e ora registriamo anche i miglioristi. A proposito: ma il presidente Napolitano, ora che è uscito dal Quirinale, questa tessera del Pd la prenderà o no?

 


Al direttore - Lancia in resta Macaluso si avventa contro la riunione di un gruppo di miglioristi a Milano. Non ha ascoltato la discussione ma polemizza. Lo fa con quanto ha letto nel pezzo di Crippa sul Foglio, impeccabile ma necessariamente sintetico. Sarebbe stato meglio informarsi. Ma tant’è. La riunione aveva un obiettivo: ricordare che le idee di quelli che furono chiamati miglioristi non hanno perso attualità. Se la loro impostazione si fosse affermata forse avremmo avuto a sinistra una forza di ispirazione socialista in grado di governare. Le cose andarono diversamente. Le conseguenze sono note. La sinistra che ha dominato in questi anni ha avuto difetti che i miglioristi denunciarono e che ne hanno limitato la capacità riformatrice. E veniamo a Renzi. Non esageri Emanuele. Nessuno considera Renzi erede del migliorismo. Credo sia tuttavia possibile rinvenire nella sua condotta posizioni da noi sostenute. Penso al rifiuto della demonizzazione dell’avversario e degli eccessi giustizialisti; all’auspicare per il Pd una rappresentatività oltre i confini della sinistra tradizionale; alla tenacia con cui viene posto il tema delle riforme economiche respingendo corporativismi e ristrettezze classiste; alla difesa di un impianto europeista pur in presenza di spinte ostili all’euro; alla collocazione del Pd nel campo del socialismo europeo. Non fu questa la bussola per i miglioristi? Perché non rivendicare di aver sostenuto da soli tali posizioni? E magari ricordare che tanti giovani (alcuni erano a Milano) per averlo fatto furono costretti ad andarsene. E non furono difesi! Invece di discutere Emanuele se la cava definendo i partecipanti alla riunione dei renziani di ferro. Ma via! La consapevolezza della novità rappresentata da Renzi non impedisce di vedere contraddizioni, incertezze, passi indietro. Non prenda lucciole per lanterne Emanuele. Nessuno pretende di ergersi a interpreti autentici di una storia politica. Non era il caso, per sostenere una tale misera polemica, evocare il nome di compagni la cui lezione resta per tutti esemplare. Né a Milano è stato chiamato abusivamente in causa qualcuno come incredibilmente sostiene Emanuele che pure dovrebbe conoscere la nostra ritrosia e discrezione. A Milano si è avviata una riflessione su una vicenda politica di cui non vorremmo si smarrissero valore e attualità. In un’epoca in cui tutti si proclamano riformisti (anche Vendola e Landini!) definirsi miglioristi esprime meglio gli intenti di cambiamento e riforme. Pensavamo Macaluso fosse lieto ci sia chi ritiene ancora possibile una riflessione storico/politica. Sbagliavamo.

Umberto Raineri

 

Bbbboni.

 


Al direttore - Nei documenti, convegni, riunioni gli stessi protagonisti hanno sempre scelto di chiamarsi “riformisti” piuttosto che “miglioristi”. Ancora oggi Landini e Vendola, le cui idee spesso non condivido, si definiscono “riformisti”.  Dunque, il campo è molto vasto. A me sembra che sarebbe stato utile per il vostro incontro di Milano coinvolgere compagni e compagne che su quella esperienza hanno da dire. Come Emanuele Macaluso, tanto per fare un esempio.

Franca Chiaromonte

 

Non tutti i miglioristi sono renziani, lo abbiamo capito, ma gli unici ex Pci con cui si trova in sintonia Renzi sono miglioristi. Gli unici, senza eccezione. Io dico che non è un caso.

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