Tutte le sviste di "Presa diretta" sul petrolio lucano

Federico Pirro

Alla trasmissione di Rai 3 s'inscena un teorema tendenzioso anti-industria che dà licenza di fuggire all'Eni

L’ultima puntata della trasmissione televisiva "Presa diretta", andata in onda sulla terza rete della Rai domenica 22 febbraio, è stata in gran parte dedicata allo Sblocca Italia, ma soprattutto agli articoli 36 e 38 di quella legge che accelerano le estrazioni petrolifere nel nostro paese. E proprio sotto questo specifico profilo il contenuto della trasmissione ha lasciato sconcertati diversi telespettatori che, come me, hanno avuto modo di assistere a un programma che è sembrato finalizzato solo ad alimentare dubbi, riserve, perplessità, quando non anche una vera e propria ostilità alle attività di ricerca, esplorazione ed estrazione di idrocarburi nel nostro paese, e soprattutto in Basilicata e al largo delle coste. 

 

Sulle attività del Centro Oli dell’Eni a Viggiano in Val d’Agri, annunciandone l’ampliamento previsto dai piani concordati dalla holding petrolifera con la regione Basilicata, si sono enunciati (enfatizzandoli) i rischi connessi a tale aumento di capacità, non evidenziando invece gli incrementi occupazionali che quei nuovi investimenti dell’Eni comporteranno. E nel ricordare il numero di occupati nel Centro Oli pari attualmente a 650 addetti – peraltro cresciuti negli ultimi anni – si è omesso però di rammentare che, oltre agli occupati diretti in quella particolare struttura, le estrazioni petrolifere gestite dall’Eni in Basilicata hanno già generato altri 2.200 posti di lavoro in tutta la filiera delle attività indotte, come è emerso da uno studio della Fondazione Mattei. Ma c’è di più.

 

Non è solo l’Eni che assicura già da anni sempre nuovi occupati nell’upstream in quella regione, ma anche – questo nel programma non è stato neppure accennato – la Total, la Shell e la Mitsui a Corleto Perticara, a nord ovest della Val d’Agri, ove è in costruzione un altro Centro Oli che sarà asservito alle estrazioni che si avvieranno in quel comune a partire dal 2016 e che a regime consentiranno una produzione di 50 mila barili al giorno.

 



 

La preoccupazione costante dei curatori della trasmissione, ripetutamente manifestata nel corso della puntata – intervistando fra l’altro una docente universitaria, un allevatore, e un medico – è stata quella di segnalare i rischi e con essi in alcuni casi la supposta, avvenuta compromissione ambientale di corsi d’acqua, invasi artificiali e terreni, totalmente ascritta – ma senza alcun contraddittorio con portatori di opinioni diverse da quelle dei curatori del programma – agli effetti delle estrazioni petrolifere. E il leitmotiv che ha scandito gran parte della trasmissione è stato che le riserve petrolifere italiane sarebbero troppo limitate per avere un qualche interesse economico e che, estraendole, comunque si danneggerebbe l’inestimabile ambiente della Basilicata. 

 

Ci chiediamo: quell’ambiente definito di pregio inestimabile – quasi fosse una nuova Arcadia del XXI secolo, e comunque da difendere con tecnologie avanzate e best practices gestionali sui nuovi impianti – quanta occupazione moderna e qualificata aveva saputo generare in passato? Nessuna in realtà, ma solo emigrazione, fuga dai campi e dai paesini vicini alle aree estrattive, soprattutto dei più giovani.

 

E al Sindaco di Viggiano che percepisce 18 milioni all’anno di royalties dall’Eni – e che malgrado tutto ha lamentato la persistenza della disoccupazione nonostante lui avesse fatto con quelle risorse ben tre bandi per creare lavoro – bisognerebbe obiettare che la colpa non è certo dell’Eni se nessuno o pochi hanno risposto a quei bandi, e che forse avrebbe bisogno di qualche esperto di sviluppo locale che lo aiuti veramente a individuare percorsi di crescita qualificata con i fondi conferiti dalla stessa Eni. Ai curatori del programma – che non hanno intervistato neppure un sindacalista – ha risposto con forza (nel corso del programma) il governatore della Basilicata Pittella che ha ricordato come le estrazioni petrolifere servano non solo alla sua Regione (per le royalties presenti e future) ma anche all’intero paese.

 

Comunque lo Sblocca Italia prevede il concerto con le Regioni per le estrazioni che devono avvenire nel pieno rispetto delle normative in materia di tutela ambientale. Anche il viceministro allo Sviluppo Claudio De Vincenti, intervistato nella trasmissione, ha fornito precise risposte alle obiezioni del conduttore chiaramente ispirate da estremismo ambientalista. 

 

Un autorevole dirigente dell’Eni – dopo aver visto il programma – mi ha detto che se lo si vorrà, a causa dell’estremismo ecologista, l’Eni potrebbe anche andarsene dall’Italia e dalla Basilicata, cosìcché – là dove Rocco Scotellaro celebrava l’uva puttanella – tornerebbero finalmente i pecorai e i morti di fame.

 

Federico Pirro è docente di Storia dell'Industria all'Università di Bari - Centro studi Confindustria Puglia

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