Perché le imprese italiane sono titubanti verso l'e-commerce?

Alberto Brambilla

Il commercio online piace ai consumatori ma è appannaggio delle multinazionali estere. Il divario (anche culturale) con la Spagna.

L’Italia ha potenziale inespresso in diversi ambiti dell’economia. Uno di questi è il commercio online (e-commerce). La consapevolezza emerge dal rapporto del consorzio italiano per il commercio elettronico, Netcomm, presentato alla Camera ieri.

 

Le imprese italiane non sono abbastanza presenti nelle vendite online (il 4 per cento del totale, 26 mila venditori) eppure sono attive in settori certamente competitivi e facilmente spendibili nelle vendite in rete (abbigliamento, agroalimentare, arredo e design). I motivi sono diversi: dall’accesso carente alla banda larga alla bassa copertura finanziaria per gli investimenti, dice il quotidiano Mf/Milano Finanza. “L’ecommerce – dice il presidente di Netcomm Roberto Liscia – è sempre più un canale necessario e cruciale per le imprese che vogliano fare business sia nel nostro paese sia su scala globale”.

 

Il mercato delle vendite online è infatti occupato soprattutto dai grandi player stranieri da eBay, Amazon a Google. Le realtà italiane sono Banzai (piattaforma di commercio online appena quotata in Borsa) Fratelli Carli (olio) e Lovethesign (arredamento-design).

 

La domanda infatti non manca. In tre anni gli acquirenti online sono passati a 16 milioni dai 9 precedenti. Netcomm li definisce dei “superconsumatori”, consumatori attenti alle loro esigenze “abituati alla multicanalità che possiedono il pieno controllo sul processo di acquisto per soddisfare i propri bisogni”, nella definizione di Netcomm.

 

Il potenziale è enorme. Il fatturato complessivo italiano è stato stimato in 13 miliardi di euro annui e il confronto con i paesi in un certo senso affini all’Italia come la Spagna è tuttora schiacciante. Ciò evidenzia un gap culturale, una diversa capacità di adattarsi alle opportunità offerte dalla tecnologia.

 

Dice Carlo Alberto Carnevale Maffé (Università Bocconi  - Scuola di Direzione Aziendale) sentito dal Foglio in occasione di un dibattito sulla vitalità dell’economia spagnola a confronto con l’Italia. “La propensione degli spagnoli all’uso delle tecnologie è significativamente maggiore rispetto all’Italia, in particolare sull’e-commerce: per due paesi con un forte settore turistico e la necessità di rafforzare le esportazioni, la capacità di agganciarsi alle potenzialità di Internet è cruciale. La Spagna è già il maggiore mercato di e-commerce del sud Europa, sopravanzando l’Italia di quasi il 30 per cento per fatturato totale (14,4 – 13 nelle ultime stime Netcomm vs 11,2 miliardi) pur su un’economia più piccola. Inoltre, il tasso di sviluppo in Spagna è tra i maggiori in Europa (più 22,7 per cento nel 2013), e si avvale  anche del potenziale dell’America Latina, che è una delle aree a maggior crescita del mondo sull’ecommerce, con il più 24,6 per cento nel 2013 (Fonte: European B2C e-commerce Report 2014)”

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.