La Cina passa dalla censura su Internet alla censurissima

Eugenio Cau

C’era tolleranza per chi aggirava il blocco dei siti (per motivi di pil), ora il Partito privilegia la stabilità contro l’economia.

    Roma. Il Great Firewall cinese, la Grande muraglia digitale con cui il regime comunista di Pechino obbliga i suoi cittadini a vedere solo i siti internet graditi al governo, a condividere solo i contenuti accettati dal sistema ed è gestito, si dice, da due milioni di persone che lavorano a tempo pieno, non è mai stato del tutto impenetrabile. In verità, era abbastanza facile aggirarlo. Basta un poco di esperienza e con un sistema chiamato Vpn, fornito a pagamento da molte aziende, si riesce a saltare al di là del muro e ad assaporare la libertà di chi sta dall’altra parte. Ci sono molte difficoltà, certo, spesso i Vpn non funzionano e altrettanto spesso il governo li rende inaccessibili, ma fino a oggi, e per molti anni, il governo ha chiuso un occhio davanti all’uso dei Vpn, e ne ha tacitamente consentito l’utilizzo. La ragione è molto pratica: un’internet castrata dalla censura non fa bene all’economia. I ricercatori scientifici devono avere libero accesso a internet per poter consultare gli archivi e i database delle grandi istituzioni occidentali. Gli studenti di eccellenza devono avere la rete libera per potersi iscrivere a Harvard e Yale. Gli artisti devono accedere agli archivi di immagini. Le compagnie, sia straniere sia locali, per ragioni di business devono avere la possibilità di accedere a siti che il governo vieta. In una parola, se internet in Cina è censurata la stabilità politica del regime comunista è garantita, ma se internet è troppo censurata il pil ne risente. Per questo, sui Vpn, il governo ha sempre lasciato correre. Fino a oggi.

     

    Questa settimana, alcune delle principali aziende che gestiscono i Vpn, le porte di uscita dal Grande firewall, sono state bloccate dal governo. Può capitare, durante gli eventi o le commemorazioni speciali come gli anniversari del massacro di piazza Tiananmen, ma questa volta non ci sono occasioni speciali, e gli utenti hanno iniziato a preoccuparsi. Quando poi martedì scorso un funzionario di alto livello del ministero dell’Industria ha riconosciuto che il governo sta attaccando i Vpn per consentire un “sano sviluppo” di internet in Cina e che questo è solo il primo passo, sono iniziati i problemi. “Benvenuti nella Nordcorea dell’ovest”, ha detto un utente al Washington Post (anche il New York Times, ieri, ha pubblicato un lungo articolo sul tema), paragonando la Cina alla Corea del nord, dove il controllo paranoico e opprimente del regime comunista ha devastato l’economia del paese rendendolo uno dei posti più poveri del continente. A preoccupare è il fatto che in questi mesi la morsa del Partito comunista cinese su internet si è fatta sempre più stretta. Negli ultimi mesi il governo ha quasi completamente tagliato ogni accesso al motore di ricerca di Google, ha reso spesso inutilizzabili Gmail, la mail di Apple e quella di Microsoft (in quest’ultimo caso, i funzionari negano), ha avviato una nuova normativa che costringerà gli utenti a registrarsi sui social network con il proprio nome e cognome. Questo, ovviamente, al netto della normale dose di attacchi hacker che le compagnie della Silicon Valley subiscono da sospette entità cinesi.

     

    Per l’economia dell’internet cinese, questo è un punto di rottura. Il rischio è che sia arrivato il momento in cui la stabilità e la solidità del regime, e quindi il suo ruolo di censore, sono più importanti dello sviluppo economico generato da un’internet parzialmente libera. Anche questo, oltre che un pil rivisto sempre al ribasso, fa parte del “new normal” propagandato da Xi Jinping?

    • Eugenio Cau
    • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.