Si avvicinano le elezioni in Grecia, per molti commentatori politico-economici Alexis Tsipras sa di doversi accreditare da moderato per andare al governo

Tsipras contro Tsipras

Marianna Rizzini

Una mattina si son svegliati, i compagni italiani del compagno greco, e han trovato non l’invasore, come nella “Bella ciao” intonata a ogni comizio da tempo immemorabile, ma lui, il loro uomo dei sogni, l’Alexis Tsipras delle meraviglie, il quarantenne che ha fatto fuori le caste politiche ateniesi.

Questo articolo è stato pubblicato lo scorso 10 gennaio 2015 sull'edizione cartacea del Foglio

 

Una mattina si son svegliati, i compagni italiani del compagno greco, e han trovato non l’invasore, come nella “Bella ciao” intonata a ogni comizio da tempo immemorabile, ma lui, il loro uomo dei sogni, l’Alexis Tsipras delle meraviglie, il quarantenne che ha fatto fuori le caste politiche ateniesi, la speranza della riscossa della gauche anti Bruxelles. Lui, proprio lui, dipinto dal Financial Times – non proprio il pane delle sinistre altermondialiste – come il futuro possibile rottamatore di burocrazie sclerotizzate e oligarchi vari (frase choc del Ft agli occhi di un compagno italiano: Tsipras renderà la vita più facile al business). Non solo. Tsipras, lo Tsipras roccioso che al teatro Valle ancora occupato, l’inverno scorso, parlava con voce stentorea nel silenzio della platea benecomunista ed ex-post-neo trotzkista, leninista, gruppettara, girotondina, movimentista ed ecologista come un delegato di un qualsiasi Pc anni Sessanta (ed era tutto un profluvio di “lotta dura” e “guerra al capitale”, detti in greco ma tradotti all’istante da interprete emozionato), lui, quello Tsipras, viene ora additato nelle analisi dei commentatori politico-economici come l’uomo che va a incontrare il presidente della Bce Mario Draghi e “non appare in fondo così distante da Draghi sul tema della crescita” oppure come “l’ex rivoluzionario di piazza che sa di doversi accreditare da moderato per andare al governo”. Apriti cielo: ci si era appena abituati all’idea di una sinistra-sinistra che vince (ma in Grecia), ed ecco che Tsipras esce dai panni di Tsipras. E però i compagni italiani che ora partono per l’Atene pre-elettorale (elezioni il 25 gennaio), con l’animo speranzoso di chi un tempo partiva per l’India o la via della Seta in tenuta da hippie, in Tsipras vedono ancora e sempre altro: colui che fortissimamente combatte e combatterà contro la Troika per la rinegoziazione del debito. E par di vederli, gli autonominatisi esponenti della “Brigata Kalimera” (area Rodotà-Camilleri-Vendola, come scrive il Manifesto), intenti a far la valigia con l’idea di “andare a imparare come si fa”. Come quando si andava a costruire ferrovie, da giovani, nella Yugoslavia di Tito (là si era recata Luciana Castellina, nel Dopoguerra, e l’aveva anche raccontato nel libro-diario della sua formazione – “La scoperta del mondo”, Nottetempo). E par di vederli, i compagni italiani, mentre vagheggiano una sinistra elettorale che vada oltre la percentuale zero virgola (come Paolo Ferrero, segretario del Prc che già è stato ad Atene nel 2012 e ci tornerà con un occhio alle future “alleanze” del compagno greco).

 

Che cosa dica oggi a livello ufficiale il compagno greco lo si evince dalla lettera aperta, pubblicata sull’Huffington Post World e ripresa dal Corriere della Sera (“la mia Grecia non danneggerà la Ue”, rispetterà “gli impegni” ma puntando su crescita e su soluzioni “sostenibili” sul debito, scrive Tsipras citando anche Sofocle, l’“Antigone”, la giustizia che è “suprema legge” e, già che c’è, il peccato di hybris che l’Europa non deve compiere perché, scrive, “la hybris è seguita dalla nemesi e dalla catarsi”). Che cosa dica Tsipras a livello ufficioso, invece, lo raccontano i suoi esegeti, quelli che attendono il suo libro-intervista con il giornalista Teodoro Andreadis Synghellakis (“La mia sinistra”, con prefazione di Stefano Rodotà, il professore più votato nelle “Quirinarie” online del Fatto quotidiano): guardate che Alexis Tsipras non è quello del 2012, tutto piazza e fosche parole contro gli euroburocrati, spiegano mentre le anticipazioni de “La mia sinistra” non possono fare a meno di rimandare l’immagine di uno Tsipras che, da leader di Syriza, la formazione della sinistra favorita dai sondaggi, almeno mediaticamente pare determinato a mantenere l’aria da barricata permanente. Dobbiamo dare “la sveglia all’Europa… sonnambulo che si sta dirigendo verso il dirupo”, dice Tsipras a Synghellakis (corollario: “Syriza non è arrivata sul proscenio per servire gli interessi dei potenti, ma per essere capace di attuare una politica socialmente giusta”). Ed è uno Tsipras che a parole non li delude, i compagni italiani trepidanti e con l’occhio ad Atene, la città cui consegnare (per ora) ogni desiderio di resurrezione dalle ceneri, dopo i non-successi in patria con le varie liste Ingroia (alle politiche del 2013) e con la lista pro Tsipras medesima (alle europee del 2014). E il compagno greco pare loro quello di una volta, altro che Financial Times. Specie quando dice, nel libro-intervista in uscita, di essersi molto stupito per l’editoriale su Repubblica in cui Eugenio Scalfari, non molto tempo fa, pareva ritenere inevitabile un commissariamento dell’Italia da parte della Troika (“mi meraviglio che Scalfari abbia potuto prendere questa posizione”, dice Tsipras, “la Troika distruggerebbe tutto, perché si tratta di funzionariucci di medio livello, con una cultura economica mediocre che, nell’ambito di un’impresa privata, potrebbero solo avere l’autorizzazione necessaria per accendere e spegnere il computer”). Poi però sui compagni italiani che scrutano le oscillazioni d’eloquio politico greco è calata di nuovo un’ombra: ecco che la corrispondenza di amorosi sensi tra Tsipras e il Financial Times viene incorniciata in un riquadro rosso sul Fatto quotidiano, come fosse cosa fatta (subito sera per la “Brigata Kalimera”?).

 

Eppure soltanto uno Tsipras votato alla realpolitik “potrebbe vincere utilmente le elezioni”, dicono i meno trinariciuti tra i nostalgici delle sinistre arcobaleno (che però Tsipras in Grecia ha domato), senza per questo dimenticare lo Tsipras-ragazzo con il ciuffo alla Elvis Presley bloccato al porto di Ancona, nell’estate del 2001, sulla nave dei militanti no-global dell’allora Synaspismós (sinistra radicale greca poi diventata componente fondamentale di Syriza). Era l’estate del G8 di Genova. Tsipras non aveva ancora le giacche marroni con cui è stato avvistato a Roma. Aveva però la stessa espressione sorridente ma soggetta a incupimento improvviso vista al teatro Valle l’inverno scorso, quando al compagno greco toccò pazientare a lungo sul palco, accanto a vari occupanti visibilmente orgogliosi dell’ospite straniero, per via della suddetta traduzione non proprio lineare che interrompeva il flusso del discorso della corona del candidato euro-antagonista alla presidenza Ue. Strattonato nel foyer da gente che lo abbracciava come fosse ieri e come se non ci fosse domani (signore sessantenni, capelloni di qualche antica autonomia operaia, ragazzi ventenni con zaino e birra in mano), Tsipras aveva forse pensato di cavarsela con un normale comizio da teatro. Ma la serata divenne interminabile (con interventi mirati dal parterre: sensibilizzare il compagno greco alla sorte del Valle, questo l’obiettivo). In ogni caso il sorriso-non-sorriso del compagno greco non fu messo a dura prova quanto in primavera, quando, tra un giro e l’altro nelle capitali europee, Tsipras dovette cercare di far ragionare gli esponenti italiani della lista a suo nome, prossimi all’impazzimento. Era successo che i garanti Paolo Flores d’Arcais e Andrea Camilleri, sconcertati e adirati, si erano decisi a inviargli una lettera di dimissioni dalla carica stessa di garanti: troppa tensione sulla compilazione delle liste, tra nuovi e vecchi partiti col bilancino e vecchie conoscenze del G8 di Genova non gradite ai garanti quanto a Barbara Spinelli, altro nume tutelare di “L’altra Europa per Tsipras”, poi finita al centro delle polemiche (ma nel dopo-elezioni, quando i compagni si domandarono come mai Spinelli non intendesse più dimettersi dal seggio europeo, promessa fatta quando diceva di essersi candidata soltanto come testimonial e per la buona causa). E però nel pre-elezioni il compagno greco, eroico, nonostante il bisticcio tra garanti e non garanti, era spuntato alle cene sociali a sottoscrizione, cantando qui e là “Bella ciao” come sul palco a Bologna, infarcendo il discorso di riferimenti a Enrico Berlinguer e Palmiro Togliatti (e i compagni più anziani si erano commossi davanti a quel quarantenne che, in piazza, si faceva juke-box del glorioso passato che non torna). Figurarsi lo sconcerto di Tsipras davanti all’ulteriore intoppo, sconcerto doppio per uno abituato alle sinistre litigiose, sì, ma forse non autolesioniste al punto da accapigliarsi attorno all’opportunità o meno di inserire in lista il redivivo (sulla scena politica) Luca Casarini, ex Tuta Bianca poi ospite fisso dei talk-show, antagonista storico da “zona rossa” ormai diventato una sorta di “senatore” dei movimenti (dai no-global agli Occupy alle “Syriza de noantri”). E se anche i nomi italiani de “L’altra Europa per Tsipras” non erano tutti divisivi come quello di Casarini (nessuno, che si sappia, si è accapigliato su Lorella Zanardo e Curzio Maltese), il ribollire di risentimenti al cospetto del compagno greco è diventato presto presentimento di sconfitta elettorale, simbolo della maledizione “arcobaleno” che sembra gravare sulla gauche in cerca di papa straniero (ma soprattutto di se stessa).

 

[**Video_box_2**]Intanto lui, il compagno Tsipras, in Italia trovava l’accoglienza negatagli su quella nave bloccata ad Ancona tanti anni prima, in quel luglio 2001 – ma per ragioni di sicurezza – quando, con gli altri giovani capi delle organizzazioni della sinistra radicale greca, si era trovato al centro, e a capo, di quella che poi fu definita “una dimostrazione violenta” (a un certo punto volarono “estintori, biglie e sedie”, ha scritto sul Corriere della Sera Davide Frattini). Tsipras e i ragazzi greci avevano organizzato un sit-in sul portellone per evitare che il traghetto ripartisse. C’era stato uno scontro con le forze dell’ordine, qualche manganellata (anche allo Tsipras d’antan, che non era ancora il compassato ricettacolo di doléances in stile MicroMega). Tuttavia i “compagni greci” erano diventati allora un piccolo mito presso le masse di manifestanti in viaggio verso Genova (“i compagni greci sono stati bloccati, i compagni greci sono stati bloccati!”: il passaparola ossessivo aveva forgiato la loro reputazione di “combattenti”). Ma se ai militanti no-global italiani la faccia del no-global greco Tsipras non diceva ancora molto, in patria l’ingegnere civile Alexis era da tempo noto come ex capo della “Pantera” ellenica, la mobilitazione studentesca che, a inizio anni Novanta, l’aveva lanciato come leader carismatico delle proteste. Tsipras, allora diciottenne, era stato intervistato dalla nota giornalista televisiva Anna Panagiotarea (scena clou: la giornalista che fa notare a Tsipras quanto “poco ingenuo” sia chiedere di potersi firmare da soli le giustificazioni). Impassibile nonostante la giovane età, e già mediaticamente abile, l’allora liceale se l’era cavata. Poi si era messo a coordinare occupazioni e autogestioni, stringendo ad Atene molti rapporti con associazioni studentesche e sezioni giovanili dei partiti di sinistra (la cosa gli tornerà utile nel 2006, quando si candiderà a sindaco di Atene, raccogliendo più del dieci per cento dei voti: poco per diventare primo cittadino, abbastanza per entrare in consiglio comunale). Fu durante i mesi della “Pantera greca” che Alexis, uno che girava per la città in moto e, cascasse il mondo, non perdeva una partita di calcio, si avvicinò molto a una compagna di scuola e di lotta, Peristera Baziana detta “Betty”. Come nella migliore tradizione adolescenziale, fu occupando la scuola, tra chitarre, sacchi a pelo, cicche di sigarette e turni per la pulizia delle aule, che nacque l’amore tra i due (oggi entrambi quarantenni, Alexis e Betty non si sono più lasciati, anche se non si sono mai sposati: convivono da più di dieci anni e hanno due figli piccoli – uno si chiama Ernesto, pare in onore del Che).

 

Dannazione dei giornali scandalistici, che forse sognavano un futuro primo ministro in linea con la sequela di politici greci per nulla casa & famiglia, Tsipras non tollera intrusioni di paparazzi (le poche foto che lo ritraggono con la compagna provengono da assemblee di partito o da rarissimi banchetti di matrimoni altrui). Forse anche per questo Tsipras poco compare nelle liste di “leader della sinistra europea che piacciono alle donne”, liste che da qualche mese imperversano sulle pagine delle riviste (presenze fisse lo spagnolo Pedro Sánchez e il francese Manuel Valls). Mai stato un tipo scapestrato, Tsipras è ingegnere anche per mentalità, metodicità e assenza di grilli per il capo (a parte l’ambizione politica). E visto che anche Peristera-Betty è ingegnere (ma elettronico), si capisce che la coppia venga descritta in Grecia con parole come “due militanti che si sostengono” più che come piccioncini adoranti (pare abbiano un romanticismo tutto loro fatto di “torte rustiche” a casa degli amici d’infanzia e lunghe discussioni sul futuro dell’Europa). E però lo Tsipras privato – immutabile per abitudini e affetti – non è lo Tsipras pubblico, uno che è stato definito dallo Spiegel “il nemico numero uno dell’Europa” ma che già ha dato prova del pragmatismo che a volte latita presso i compagni italiani che lo sostengono con il pensiero. Prima scelta di realpolitik: l’uscita dal Partito comunista greco (che si rifiutava di entrare a far parte della coalizione delle sinistre). Seconda scelta (dicono i maligni): imparare dal suo “maestro” Alekos Alavanos, ma fare in modo da succedergli molto in fretta (accadde nel 2008, quando Tsipras diventò presidente di Synaspismós). Ora arriva lo Tsipras che rassicura sull’Europa e sull’euro (“ma quale ‘Grexit’ ”, uscita della Grecia dall’euro, dice a chi, dalla Germania, lo dipinge come uomo nero anti Troika) e si candida a premier di tutti i greci, anche di quelli che nel 2012 – quando la Grecia affrontò due elezioni politiche in due mesi – avevano votato per l’attuale premier Antonis Samaras, leader del partito liberalconservatore Nuova democrazia. Non a caso, nella lettera aperta ripubblicata dal Corriere della Sera, Tsipras scrive che “Syriza non vuole il crollo, ma la salvezza dell’euro” ma che “è impossibile salvare l’euro quando il debito pubblico è fuori controllo”. E’ il suo modo di dare speranze ai timorosi come agli aspiranti “rivoltosi” che vorrebbero la cancellazione del debito punto e basta (in entrambe le direzioni si possono commettere peccati di hybris, e Tsipras la evoca volentieri, la ubris, come a volerla esorcizzare).

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.