Petraeus in amore e in guerra

Redazione

Condannare il generale? Non scherziamo, semmai riabilitiamolo

S’è sparsa la voce, nel fine settimana, che il dipartimento di Giustizia americano sta valutando se incriminare il generale David Petraeus, l’ex capo della Cia e leader del “surge” in Iraq, che avrebbe confessato segreti militari alla sua amante, la muscolosa Paula Broadwell, durante il loro affair. Il ministro Eric Holder non commenta, dice che l’inchiesta è in corso, ma che il risultato non è roba da giornalisti famelici. Pare invero bizzarro che il generale antropologo che ha già perso il posto proprio per quell’affair debba finire addirittura in un processo per delle chiacchiere amorose che, per quanto si sa, non hanno portato a nulla, né danni né rischi alla sicurezza, se non all’uscita di scena di uno tosto (non ci è dato sapere di che ira viva la moglie Holly, donna della vita conosciuta al liceo, ma un’idea comunque ce l’abbiamo). Lo ha detto domenica anche Dianne Feinstein, la senatrice democratica che ha voluto e gestito il report sulle torture della Cia, quello fatto senza interpellare i capi della Cia: “Quest’uomo ha già sofferto abbastanza. Le persone non sono perfette, lui ha fatto degli errori. Ha perso il suo posto come direttore dell’Agenzia a causa di questi errori. Voglio dire, quanto vogliamo punire una persona? E’ finita. E’ in pensione. Ha perso il lavoro. Che altro vuole il governo?”. Non c’è altro da volere, la fine ingloriosa è stata raccontata, spettegolando, in ogni modo, abbiamo capito quanto maldestro possa essere anche un generale-capo di spie in amore, semmai ci piacerebbe una riabilitazione, ché se mai una notizia buona è arrivata dall’Iraq, negli ultimi quindici anni, quella ce l’aveva portata lui.

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