Rivali o no?

Perché gli attentatori non si sono sparati fra loro

Daniele Raineri

Allarme in Vaticano tenuto basso, per ora. Il finale dei tre giorni di attacchi a Parigi apre questioni difficili da risolvere. Una è questa: al Qaida e lo Stato islamico cosa faranno?

Roma. Il finale dei tre giorni di attacchi a Parigi apre questioni difficili da risolvere. Una è questa: al Qaida e lo Stato islamico sono due gruppi rivali, si odiano, tra loro è in corso una sfida ideologica e anche una guerra vera (in Siria) a colpi di imboscate ed esecuzioni, com’è possibile che gli attentatori di Parigi abbiano fatto squadra assieme? I fratelli Kouachi si sono dichiarati uomini di al Qaida nello Yemen – che tecnicamente si fa chiamare “Al Qaida nella penisola arabica”, e questa definizione include i ricchi regni del Golfo e la gigantesca Arabia Saudita, anche se in pratica il gruppo è nell’est e nel sud dello Yemen, punta inferiore e povera della penisola. Amedy Coulibaly invece ha lasciato un video per dire di avere giurato fedeltà al capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi, e anche per dire che c’era una spartizione dei compiti con i Kouachi, “loro dovevano pensare a Charlie Hebdo, io li ho aiutati con qualche migliaio di euro”.

 

Questa strana collaborazione a Parigi non è una questione vuota di forma, di araldica del jihad. La spaccatura fra i due gruppi è stata una delle svolte più importanti della storia della guerra santa contemporanea, se si saldano di nuovo assieme sarà una notizia altrettanto importante. Per ora sembra che non sia successo, e sembra che a Parigi ci sia stata una decisione pragmatica e opportunista degli attentatori, che non hanno tenuto conto della divisione che esiste in medio oriente dal 2013 perché si conoscevano da prima, almeno dal 2007, e avevano bisogno di risolvere problemi concreti in Francia: tra gli altri, come procurarsi il denaro e le armi necessarie. Facevano parte della stessa rete estremista, il “gruppo del diciannovesimo arrondissement”, non hanno troncato i rapporti.

 

Sia Coulibaly sia i fratelli Kouachi non sembrano ben integrati nei due gruppi a cui fanno riferimento da lontano. Venerdì scorso al Qaida in Yemen ha fatto uscire un audio che si riferisce all’attentato, ma è un messaggio un po’ vago e improvvisato, una quasi rivendicazione. Non sono ancora usciti elementi decisivi che facciano pensare a un piano a lungo termine, come per esempio potrebbe essere una foto di almeno uno dei due fratelli con il loro mentore, lo sceicco americano Anwar al Awlaki, che – ha detto Reuters ieri – hanno incontrato in Yemen nel 2011. Anche in questo caso, lo Stato islamico si sta dimostrando più abile dei rivali nel campo dei media e il video di Coulibaly è dappertutto.

 

[**Video_box_2**]La compagna di Amedy, Hayat Boumedienne, è volata in Turchia il 2 gennaio e ieri è uscito il video del suo arrivo al banco del controllo passaporti dell’aeroporto di Istanbul, assieme a un uomo che i media turchi identificano come Mehdi Sabri Belhouchine. L’8 gennaio la donna ha passato il confine ed è entrata in Siria. Secondo una fonte della tv francese, il video di Coulibaly è stato messo su internet da Raqqa, capitale siriana dello Stato islamico.

 

Ieri il Vaticano ha troncato e sopito, sopito e troncato l’allarme dato dalla tv israeliana e attribuito all’intelligence americana su un possibile attacco contro la Santa Sede. Non è un obiettivo da scartare – era sulla copertina di Dabiq, la rivista in inglese edita dallo Stato islamico, ma fonti di sicurezza italiane tendono per ora a minimizzare. Ieri, hacker simpatizzanti con il gruppo di al Baghdadi hanno preso possesso dell’account twitter del comando centrale americano (usato per postare i tweet del settore del Pentagono che si occupa di medio oriente). L’account è stato chiuso senza troppi danni, ma è uno smacco d’immagine.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)