Nasir al Wuhayshi, il leader di al Qaida nello Yemen

Perché la rivendicazione di al Qaida nello Yemen è credibile (per ora)

Daniele Raineri

Chi massacra la redazione di un giornale satirico nel centro di Parigi? Qui si può provare a mettere in fila gli elementi utili, partendo dalla frase detta da uno dei sicari ai sopravvissuti rimasti a fare da testimoni oculari: “Dite ai media che è stata al Qaida nello Yemen!”.

Roma. Chi massacra la redazione di un giornale satirico nel centro di Parigi? Qui si può provare a mettere in fila gli elementi utili, partendo dalla frase detta da uno dei sicari ai sopravvissuti rimasti a fare da testimoni oculari: “Dite ai media che è stata al Qaida nello Yemen!” e ricordando sempre che fino a quando non arriva una rivendicazione ufficiale non si può davvero dire nulla con sicurezza.

 

Al Qaida cerca da tempo di compiere un attentato che faccia parlare di nuovo i media (quindi: in un paese occidentale) come ai tempi dell’11 settembre o quasi – e in questo senso una strage dentro una redazione è un piano adeguato. Ha però un problema: la leadership centrale è nascosta da qualche parte tra l’Afghanistan e il Pakistan e non ha più le capacità operative di prima perché consuma gran parte del tempo a tenersi in vita e intatta, soprattutto a sfuggire alla caccia dei droni. E’ come una testa con un corpo rachitico. Per questo motivo, il capo egiziano, Ayman al Zawahiri, l’anno scorso ha passato l’incarico  di organizzare le grandi operazioni internazionali ad al Qaida nello Yemen, che è un gruppo in media più giovane e forte, più libero nei movimenti e più rispettato. Ha già rivendicato altri tentativi di colpi in occidente, come quello a Detroit del Natale 2010. Il gruppo ha ricevuto il mandato a compiere attentati all’estero e deve farlo valere – l’edizione siriana di al Qaida, che si chiama Jabhat al Nusra, non ha invece ricevuto quest’autorizzazione dalla leadership centrale, perché si ritiene che debba concentrarsi sulla guerra contro il presidente Bashar el Assad e contro altri gruppi dell’opposizione siriana.

 

La responsabilità sui nuovi attentati in stile “vecchia scuola” (per esempio: Madrid nel 2003, Londra nel 2005) è passata in particolare a Nasir al Wuhayshi, emiro del gruppo yemenita ed ex allievo e amico di Osama bin Laden. Il dipartimento di stato americano ha promesso un premio di dieci milioni di dollari per informazioni che possono portare alla sua cattura o uccisione nel novembre del 2014, ed è la stessa cifra promessa anche per il capo dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi.

 

La rivalità tra i due gruppi (al Qaida e lo Stato islamico) potrebbe essere una chiave per spiegare la strage di ieri. Dopo le offensive del gruppo di al Baghdadi, che l’anno scorso ha conquistato Mosul in Iraq e ha dichiarato il ritorno sulla terra del Califfato dopo ottant’anni di interruzione, al Qaida aveva bisogno di un attacco spettacolare con una causa scatenante che facesse presa sicura sulle menti di tutti i jihadisti – e “vendicare le offese contro il profeta Maometto” è questo tipo di giustificazione. Al Qaida aveva messo Stéphane Charbonnier, direttore di Charlie Hebdo ucciso ieri, su una lista di dieci nemici da uccidere (pubblicata a marzo 2013 sul decimo numero di Inspire, la rivista in inglese del gruppo). Ieri su Internet sostenitori di entrambi i gruppi celebravano le uccisioni dei giornalisti e dei poliziotti come “un gesto ben fatto, chiunque l’abbia fatto”.

 

[**Video_box_2**]Al Qaida nello Yemen ha le capacità tecniche per compiere questo massacro? Gli autori mostrano nelle immagini di essere esperti, sparano a colpo singolo e in movimento (i principianti tendono a sparare lunghe raffiche da fermi), non tradiscono nervosismo, i colpi che centrano il parabrezza di un’automobile della polizia sono raggruppati in una rosa stretta, come sparati da qualcuno che controllava bene quel fucile d’assalto Ak 103 (una versione moderna del kalashnikov). Secondo i testimoni, parlavano un francese fluente e potrebbero  avere girato un video dell’attacco, per riversarlo da qualche parte dopo la fuga. E’ da notare che, sebbene la leadership di alQaida abbia proibito al gruppo in Siria di partecipare agli attacchi in occidente, da luglio scorso è pubblica la notizia che al Qaida in Yemen ha mandato alcuni dei suoi nel nord della Siria proprio per organizzare questo tipo di azioni. In Siria è più facile selezionare, incontrare e addestrare reclute di madrelingua francese tra le migliaia di volontari europei arrivati in questi anni di guerra. La Siria non è però un passaggio necessario: per esempio, alcuni francesi sospettati di terrorismo sono stati espulsi dallo Yemen a metà novembre.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)