Il “Forum sulla pace e sicurezza in Africa”, svoltosi a Dakar il 15 e 16 dicembre

Il nord Africa non gradisce la politica pro algerina di Parigi

Pio Pompa

Che i rapporti tra alcuni paesi africani e la Francia non siano idilliaci lo si è constatato nel corso della prima edizione del “Forum sulla pace e sicurezza in Africa”, svoltosi a Dakar il 15 e 16 dicembre.

Che i rapporti tra alcuni paesi africani e la Francia non siano idilliaci lo si è potuto constatare nel corso della prima edizione del “Forum sulla pace e sicurezza in Africa”, voluto da Parigi, svoltosi a Dakar il 15 e 16 dicembre scorsi. Ai toni trionfalistici usati dal ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian, non ha corrisposto un’altrettanto convinta adesione dei partecipanti alla proposta che sia la sola Francia a fungere da catalizzatore della cooperazione interafricana nella lotta al terrorismo islamico. La minaccia jihadista ha assunto nel continente africano dimensioni tali da richiedere un intervento, politico e militare, assai più vasto e articolato delle operazioni Sangaris e Barkhane lanciate dal governo francese nella Repubblica Centrafricana e nel Sahel. Da qui molti interventi sulla necessità di rivedere ogni iniziativa di cooperazione in tema di sicurezza a partire dalla Libia, il principale fattore di destabilizzazione del nord Africa (ben 13 sarebbero le formazioni jihadiste che hanno trovato rifugio nel paese, influenzate dallo Stato islamico).

 

La discussione sulla crisi libica sarebbe stata accolta con freddezza da Le Drian nella consapevolezza che il suo governo non ha alcuna intenzione di affrontare da solo la questione. Il presidente del Mali, Ibrahim Boubakar Keita, ha invitato la comunità internazionale a mettere fine all’instabilità della Libia. Iniziando dal sud, nella regione del Fezzan, divenuto “un favoloso mercato di armi dirette nei nostri paesi”. Si è anche rivolto al presidente del Ciad, Idriss Déby, il cui paese è, con la Nigeria, membro non permanente del Consiglio di sicurezza, invitandolo a sollevare in ambito Onu la situazione presente nel sud libico della quale i paesi del Sahel costituiscono le “ vittime collaterali”.

 

Un secondo elemento di imbarazzo per Parigi è stata l’assenza al Forum di invitati come l’Algeria, la Nigeria, il Sudafrica e il Kenya, cruciali per un disegno coordinato contro il terrorismo islamista. Come pure è stata assai criticata la posizione francese che continua a sostenere il ruolo di mediatore dell’Algeria pur in presenza di un marcato scetticismo da parte di molti paesi nord africani che ritengono ambiguo l’atteggiamento di Algeri sul fronte del contrasto al fenomeno jihadista. Infine, sul Forum è pesata la liberazione, imposta da Hollande per il rilascio dell’ultimo ostaggio francese, Serge Lazarevic, di quattro terroristi, alcuni dei quali provenienti, guarda caso, proprio dall’Algeria. Tra essi un certo, Habib Ould Mahouloud, uno dei 700 jihadisti arruolati nei campi di Tindouf del Fronte Polisario, indicato da fonti plurime d’intelligence – sentite dal Foglio – come uno dei sequestratori della cooperante italiana, Rossella Urru, liberata il 18 luglio del 2012 dopo 270 giorni di prigionia.

 

[**Video_box_2**]“In diversi incontri riservati al Forum – continuano le nostre fonti – le domande più ricorrenti riguardavano la posizione assunta dai francesi nell’imporre a Bamako la liberazione dei quattro terroristi. Com’è possibile che la Francia abbia potuto accettare che alcuni pericolosi terroristi, compreso uno dei sequestratori della Urru, potessero beneficiare di una simile impunità? Perché non ammette che il Fronte Polisario, eterodiretto da Algeri, rappresenta una minaccia per il Sahel, fornendo centinaia di mujaheddin ai gruppi terroristici attivi in Africa e, da ultimo, persino allo Stato islamico?”.

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