Pericolo: la Russia è davvero nei guai

Redazione

Una potenza economica basata su energia ed esportazioni sta crollando a causa della caduta del prezzo del petrolio e delle sanzioni internazionali. Le conseguenze del crollo del rublo. L’isolamento di Putin. L’orgoglio di un Paese ferito.

Una potenza economica basata su energia ed esportazioni sta crollando a causa della caduta del prezzo del petrolio e delle sanzioni internazionali. È la Russia.

Marcello Bussi, MilanoFinanza 20/12

 

All’inizio della scorsa settimana il cambio del rublo-dollaro è arrivato a livelli mai visti dal default del 1998, 80 rubli per un dollaro – un calo del 20 per cento in appena una giornata. Martedì l’indice di borsa, l’RTS, ha chiuso con una perdita del 12,3 per cento, il più forte ribasso dal novembre del 2008.

Il Foglio 17/12

 

Eppure solo un anno fa l’economia russa stava crescendo di circa l’1,5 per cento rispetto al precedente. Il cambio rublo/dollaro viaggiava poco sopra i 30. Putin preparava la passerella delle olimpiadi invernali di Sochi. Sì, in Ucraina le cose si stavano agitando ma il presidente era ancora il filo-russo Viktor Yanukovych e una guerra nell’Europa dell’Est era un’ipotesi che nessuno davvero considerava.

Il Post 17/12

 

Nel giro di 12 mesi tutto è cambiato. L’economia è entrata in crisi: le sanzioni imposte dall’Occidente per le interferenze russe nella crisi in Ucraina hanno cominciato a farsi sentire. E ancora di più si sta facendo sentire il crollo del prezzo del petrolio (anche a causa della scelta saudita, concordata con gli americani, di mantenere alta la produzione di greggio e quindi basso il prezzo) che insieme al gas fa il 67 per cento delle esportazioni russe, il 16 per cento dell’intera economia del paese e il 50 per cento dei ricavi del governo.

Il Foglio 17/12

 

Gli idrocarburi sono così fondamentali per i conti di Mosca che il ministro dell’Economia ha annunciato una manovra correttiva, visto che il bilancio 2015-17 era basato su un prezzo del petrolio intorno ai 100 dollari al barile. E il crollo del greggio è speculare a quelli di rublo e mercato azionario anche nei numeri. Da giugno il prezzo del petrolio è sceso di quasi il 50 per cento: da inizio anno il rublo è crollato fino al 60 per cento e l’RTS ha bruciato oltre la metà della sua capitalizzazione.

Il Post 17/12

 

Politicamente la Russia non è mai stata così isolata negli ultimi 25 anni, cioè da quando è crollato il Muro di Berlino e si è dissolta l’Unione Sovietica. E oggi la sua economia rischia una recessione profondissima: stando alle stime della stessa Banca centrale di Mosca, se il Brent si mantenesse a 60 dollari al barile anche nel 2015 provocherebbe un calo del Pil di quasi il 5 per cento (dell’8 secondo gli analisti Danske Bank).

Marcello Bussi, MilanoFinanza 20/12

 

Il Pil russo nel 2014 si aggira intorno al +0,5 per cento. Per la prima volta dal 2000 la crescita media dell’Eurozona, pur debole (0,8 per cento), lascia Mosca dietro le spalle. Peggio ancora: la svalutazione del rublo sta generando un conseguente effetto inflattivo, allarmando gli strati meno abbienti. Secondo le previsioni del ministero dell’Economia, l’inflazione alla fine del 2014 raggiungerà il 9 per cento e proseguirà a crescere nella prima metà dell’anno a venire.

Felix Stanevskiy, Il Foglio 19/12

 

Felix Stanevskiy: «Non sono gli introiti dello Stato a essere particolarmente minacciati. Il ricavato della massiccia esportazione di petrolio, venduto in caro-dollaro, riempie il budget nazionale. Per giunta il debito pubblico russo è minimo, le riserve monetarie ammontano a 416 miliardi di dollari (80 dei quali usati quest’anno per cercare di frenare il crollo del rublo, ndr) e anche le imprese statali e private, attesta il presidente dell’Unione degli imprenditori Aleksandr Shokhin, hanno mezzi per coprire i loro debiti esteri». Più che altro è l’imprenditoria privata ad apparire preoccupata per l’estrema insicurezza del cambio con il dollaro e con l’euro. Nelle aziende russe ci si domanda ogni giorno se il rublo ha raggiunto il fondo e ricomincerà a risalire o se ci si deve aspettare un altro tonfo.

Felix Stanevskiy, Il Foglio 19/12

 

Intanto nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 la Banca centrale ha approvato un clamoroso innalzamento (il sesto quest’anno) dei tassi di interesse di 650 punti base, dal 10,5 al 17 per cento, per frenare la liquidità e far riguadagnare terreno al rublo. Mercoledì ha annunciato una serie di misure a sostegno del sistema bancario (prestiti, allentamento dei requisiti sui capitali, la prospettiva di una ricapitalizzazione). Parallelamente, il governo ha chiesto ai grandi esportatori di ridurre entro marzo le loro disponibilità in dollari e in euro, riportandole ai livelli di inizio ottobre. Convertendole dunque in valuta locale. Il risultato è che nella serata di venerdì 19 il rublo è tornato sotto quota 60, a 59,14 per dollaro, a un passo dai 58,63 della chiusura del venerdì precedente. Salvi, per adesso. Ma un po’ presto per parlare di missione compiuta.

Marcello Bussi, MilanoFinanza 19/12

 

La Banca centrale russa potrebbe cercare di rallentare il crollo della moneta continuando a usare le riserve di valuta estera per acquistare rubli sul mercato: ma come ha scritto anche Jennifer Rankin sul Guardian non si tratta di una soluzione valida sul lungo periodo e non sembra nemmeno in grado di tamponare la crisi nell’immediato.

Il Post 17/12

 

Come ha detto l’economista di Bank of America, Vladimir Osakovskiy, «se i prezzi del greggio continueranno a scendere, il rublo farà lo stesso, nonostante la stretta».

Marcello Bussi, MilanoFinanza 19/12

 

[**Video_box_2**]Dunque quello che è avvenuto all’inizio della scorsa settimana potrebbe essere la prova generale di una catastrofe. E gli effetti non sono mancati. Zafesova: «I giorni neri del rublo hanno trasformato la Russia nel posto più conveniente del mondo, con code di chilometri ai confini con la Finlandia e il Kazakistan, i bielorussi che spazzano via i Suv nei concessionari russi e i cinesi che quadruplicano le vendite di gioielli e orologi online. All’aeroporto pietroburghese Pulkovo sono stati avvistati americani cambiare tutti i dollari che avevano in tasca per fare incetta di iPhone 6, che costavano quasi la metà rispetto all’Europa. A Mosca i negozi di elettrodomestici mostravano scaffali vuoti, all’Ikea c’erano code lunghissime, la domanda di appartamenti è triplicata in una settimana, i saloni di auto sono ormai chiusi per esaurimento scorte».

Anna Zafesova, Il Foglio 18/12

 

È stato il Carnevale prima della Quaresima: gli ordinativi dei commercianti per il 2015 si sono fermati, oppure contengono prezzi aumentati del 15-20 per cento. In molte banche la valuta si è esaurita, mentre gli uffici crediti sono rimasti chiusi per rivedere al rialzo i tassi dei mutui. Chi non ha avuto pazienza è corso a comprare un’auto, un frigorifero, almeno a fare la spesa, con i prezzi del «vecchio» cambio. Anche perché l’esperienza del default del 1998 ha insegnato che, esaurite le scorte, i negozi restano vuoti per non rischiare, e quando le merci riappaiono sono meno abbondanti e più costose, visto che la Russia importa quasi tutto quello che consuma.

Anna Zafesova, Il Foglio 18/12

 

Dunque l’effetto parallelo del crollo del valore del rublo sotto il peso delle sanzioni occidentali e della caduta del prezzo del greggio mette in crisi la stabilità della Federazione Russa. Caracciolo: «Obama vuole far pagare a Putin l’annessione della Crimea e il sostegno ai ribelli dell’Ucraina orientale. Le sanzioni contro la Russia sono votate a questo. E la Casa Bianca ha appena annunciato che le inasprirà. Corollario implicito: se le sanzioni dovessero portare alla caduta del regime putiniano tanto meglio. Come minimo, la guerra economica avrà ottenuto lo scopo primario: ridurre la Russia alla taglia di fragile potenza regionale, dopo che Putin si era illuso di elevarla al rango di coprotagonista della scena globale».

Lucio Caracciolo, la Repubblica 18/12

 

Ma la crisi economica che si aggrava non sembra spingere Vladimir Putin a più miti consigli. Dopo essere rimasto a lungo in silenzio nei giorni in cui il rublo crollava, giovedì è apparso alla Camera del commercio di Mosca per rassicurare mercati e concittadini nella rituale conferenza stampa fiume di fine anno: «Una svolta positiva è inevitabile», ha ripetuto. Non ha chiarito bene come intende uscirne, non ha fatto marcia indietro sull’Ucraina, non si è mostrato più morbido per ottenere qualche sconto sulle sanzioni occidentali. Ai russi deve bastare la sua parola e vederlo al comando della situazione, sono stati abituati così.

Vito Lops, Il Sole 24 Ore 18/12

 

Putin ha rilanciato l’immagine dell’orso russo che i nemici vorrebbero imbalsamare dopo avergli strappato unghie e denti. Dragosei: «Non è apparso brillante come al solito, ma ha detto tutto quello che milioni di spettatori incollati davanti alle tv di Stato si aspettavano da lui. Gli scivoloni del rublo, il calo del petrolio, l’aumento dei prezzi sono tutte cose create in buona parte dai nemici esterni; “Ma noi ce la faremo”».

Fabrizio Dragosei, Corriere della Sera 19/12

 

Se le cose dovessero andare avanti così, ha concesso Putin mettendo le mani avanti, all’economia russa occorreranno due anni per adattarsi a prezzi simili del greggio, per diversificare e ridurre la dipendenza.

Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 19/12

 

L’orso russo, la vodka, la quinta colonna, il poeta Lermontov («oppositore sì, ma patriota»), l’amore, la Coca-Cola che fa male, la Cecenia e il contratto sul gas con la Cina: in più di tre ore di conferenza stampa Putin ha offerto ai 1.200 giornalisti presenti, e a tutta la Russia in diretta tv, la sua visione del mondo. E i russi hanno appena eletto il loro presidente «uomo dell’anno» per la 15esima volta consecutiva.

Anna Zafesova, La Stampa 19/12

 

Difendere rendita energetica e rublo equivale per Putin a salvare il suo trono. La recente storia russa rivela una correlazione diretta fra caduta dei prezzi petroliferi, catastrofe finanziaria e crisi del regime politico. Caracciolo: «Fu così nel 1988, sotto Gorbaciov, quando il crollo del barile contribuì ad accelerare il suicidio dell’Unione Sovietica. Nel 1998, default e svalutazione della moneta segnarono la fine ingloriosa dell’esperimento eltsiniano e aprirono la strada, l’anno successivo, alla scalata di Putin al potere. Il 2015 sarà l’ultimo anno del presidente/zar? Obama sembra scommetterci».

Lucio Caracciolo, la Repubblica 18/12

 

Putin pensava che il disporre di una potenza nucleare fosse sufficiente per giocare muscolarmente in termini politici. Ma ha ampiamente sottovalutato il ruolo giocato dalla finanza nella partita. I derivati e le posizioni lunghe o corte sono oggi importanti quanto le testate o i sommergibili nucleari.

Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 19/12

 

Narduzzi: «Il Cremlino ha pensato di poter agire in un mercato globalizzato tenendo bloccati i meccanismi di governo dell’economia russa. Putin ha rinviato le privatizzazioni, continuato a concentrare il controllo sugli asset energetici, creato le condizioni per avere solo soggetti russi nel mercato delle telecomunicazioni e così via. Produttività e competitività dell’economia russa sono rimaste al palo e con esse la capacità di produrre i giusti anticorpi per resistere a una tempesta finanziaria. Rimossa la coperta del prezzo del barile, la Russia ha scoperto di essere, in termini economici, molto più nuda e fragile di quanto non pensasse. Ha capito che, senza la garanzia collaterale rappresentata dal prezzo del greggio e da quello implicito delle riserve petrolifere e di gas, gli investitori scappano a gambe levate dagli asset denominati in rubli».

Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 19/12

 

C’è poi l’interpretazione in chiave geopolitica, che vede nel crollo dei prezzi del petrolio il modo di provocare una profonda crisi economica in Russia in grado di scatenare una rivolta (più di palazzo che di piazza) contro Putin in grado di spodestarlo. Qualcuno, poi, sostiene che l’obiettivo finale sia addirittura quello di smembrare la Russia per potersi appropriare delle sue risorse naturali. A futura memoria, vale la pena ricordare quanto ha dichiarato Jason Pidcock, economista di Newton, secondo il quale una Russia sull’orlo del collasso potrebbe vendere alla Cina parte dei territori della Siberia orientale. Ma qui si sta andando troppo avanti.

Marcello Bussi, MilanoFinanza 19/12

 

La partita comunque riguarda molto da vicino anche noi europei. Il collasso della Russia avrebbe conseguenze devastanti sulla nostra sicurezza, non solo economica. Se Putin cadesse, poi, difficilmente verrebbe sostituito da un fervido cultore delle libertà occidentali. Né si può escludere che con la fine di quel regime si sveli anche la fine della Russia, scavando un gigantesco buco nero geopolitico, con relative guerre di successione. Caracciolo: «Scenario del tutto evitabile, se russi e americani – e per quel che contano anche gli europei – scegliessero la via del compromesso. Molti restano convinti che sull’Ucraina un’intesa si troverà. Ma il tempo non lavora per la pace. E attenzione a non sottovalutare l’orgoglio di leader disabituati a perdere. A volte, per salvare la faccia, perdono il trono. Però solo dopo essersi giocato il Paese».

Lucio Caracciolo, la Repubblica 18/12

 

(a cura di Francesco Billi)

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