Il Censis riscopre la politica e punta il dito sul capitalismo floscio

Stefano Cingolani

Dopo tanti decenni trascorsi ad auscultare i sommovimenti della società, il Censis rimette la politica al primo posto, spiega Giuseppe De Rita che, proprio per aver rilanciato la politique d’abord, apprezza Matteo Renzi anche se non è il suo tipo. Ecco la novità del rapporto Censis 2014 che non legge la crisi italiana con le lenti del pauperismo. L’Italia finora non si è impoverita, semmai si è resa liquida.

Dopo tanti decenni trascorsi ad auscultare i sommovimenti della società, il Censis rimette la politica al primo posto, spiega Giuseppe De Rita che, proprio per aver rilanciato la politique d’abord, apprezza Matteo Renzi anche se non è il suo tipo. Ecco la novità del rapporto Censis 2014 che non legge la crisi italiana con le lenti del pauperismo. L’Italia finora non si è impoverita, semmai si è resa liquida. “Nel periodo 2007-2013 tutte le attivirà finanzierie delle famiglie sono diminuite tranne la voce biglietti, monete e depositi salita in termini reali del 4,9 per cento, tanto che arriva a costituire il 30,9 per cento del totale”. E’ un “attendismo cinico” che porta a destinare il 44,6 per cento del risparmio alla copertura di imprevisti. Ecco perché gli 80 euro non si sono tradotti in consumi.

 

Il denaro non manca, però viene conservato per timore, per incertezza, per ansia del futuro. Motivi precauzionali è la definzione arida degli economisti, “mancanza di desiderio” è la definzione del Censis. De Rita cita San Bernardino da Feltre il primo in assoluto ad aver introdotto la nozione di capitale inteso come “moneta movimentata”. Ma oggi non si muovono i risparmi, non si muove il capitale. I keynesiani parlano di trappola della liquidità. Il Censis di “atonia” e punta il dito sul grande capitalismo. Il crollo degli investimenti è impressionante: si sono ridotti di oltre un quarto in hardware, costruzioni, mezzi di trasporto, del 22,9% in macchinari. Prendendo il 2007 come punto di riferimento “c’è stata una mancata spesa cumulata superiore a 333 miliardi di euro”. E’ la mano morta del capitalismo.

 

Le imprese hanno reagito in modo razionale, riducendo il rischio in condizioni di massima incertezza, ma l’effetto combinato ha portato alla “dissipazione del capitale umano che non si trasforma in energia lavorativa”. Disoccupati, scoraggiati e le persone disponibili a lavorare anche se non fa una ricerca attiva, fanno un esercito di riserva pari a otto milioni. Anche la scuola ha molte colpe. Il Censis denuncia il fenomeno della overeducation e non solo per le materie umanistiche. Un ingegnere su tre oggi non fa l’ingegnere, è “sottinquadrato”.

 

[**Video_box_2**]Nella introduzione al rapporto De Rita crea quest’anno un’altra metafora, le giare: la finanza internazionale che vive della propria potenza, la politica nazionale, le disordinate istituzioni, le minoranze vitali che non fanno gruppo così come il sommerso che da sempre vive isolato, il mondo quotidiano e i media travolti da una crisi senza precedenti. “Le sette giare, recipienti che non comunicano tra loro né con il resto della società – sostiene De Rita – vanno connesse”. Così rientra in campo la politica “come funzione di rispecchiamento e orientamento della società”. De Rita ammette di guardare con nostalgia al moroteismo e ricorda una diatriba intellettuale tra il progettualismo di Moro e il mimetismo di Giulio Andreotti secondo il quale bisognava assomigliare alla società. Forse Renzi cerca di combinare imitazione e programma. Chissà. Ma, “la politica può riprendere la sua funzione, addirittura con l’ambizione di essere quel soggetto generale dello sviluppo sui cui si articolò con successo il ruolo dello Stato”. Persino il Censis si fa neostatalista? Certo è che tra orgoglio e rimpianto, De Rita quet’anno s’incammina in terra incognita.

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