Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi: "L'astensionismo? Non è colpa del jobs act"

Redazione

Il premier interviene alla Direzione del Partito democratico ed evidenzia tre dati dopo le Regionali: l'emergere di una nuova destra, la sconfitta dei grillini e il Pd sopra il 40 per cento.

In Emilia-Romagna "si è innanzitutto vinto" e l'analisi sull'astensionismo frutto della contrarietà al jobs act è "superficiale, parziale e discutibile". Così Matteo Renzi alla direzione del Pd. "Ma per essere chiari: respingo la tesi per cui l'astensionismo in Emilia è stato un segno di contrarietà al jobs act. Mi pare un'analisi superficiale, parziale e discutibile. Si è innanzitutto vinto" ha sottolineato il premier e segretario Pd. "Il jobs act è la riforma più di sinistra sul mercato del lavoro fatta finora", ha sottolineato Renzi affermando di essere consapevole che su questo non tutti sono d'accordo. Ma è un "cambio culturalmente interessante. Non posso escludere che qualcuno non sia andato a votare per il jobs act, ma dire che per questo c'è stato il crollo in Emilia Romagna è un esercizio ambiguo".

 

Il bilancio delle elezioni regionali è stato sintetizzato da Renzi in tre dati essenziali: "Avanza una nuova destra (della quale, dice il premier, "non bisogna avere paura"), Grillo salta e il Pd è sopra il 40 per cento ma deve decidere cosa fare da grande". Eppure un dilaogo con i pentastellati è auspicabile secondo Renzi: "Oggi è possibile un coinvolgimento di quelle donne e quegli uomini che ritengono il blog non più la bussola della loro vita. Non dobbiamo offrire una alleanza politica, nessuno vuole fare strane coalizioni ma capire se sulle cose di buon senso riusciamo a discutere. E' accaduto sulla legge elettorale".

 

Guardando alla nascita di una nuova destra, Renzi si è soffermato su Salvini in particolare. Per il premier, il leader leghista è riuscito a far "estasiare la Le Pen: bravo, non era facile. C'è una destra che gioca la carta della preoccupazione sull'immigrazione in modo spregiudicato", osserva il segretario del Pd.

 

[**Video_box_2**]Un dato, quello dell'astensionismo, che il premier accetta e riconosce ma che, afferma, non deve rallentare il processo delle riforme. "Certo, hanno votato meno persone, questo quindi vuol dire che dobbiamo fermarci sul percorso delle riforme? Voglio il voto della direzione su questo, voglio capire se la direzione del Pd è convinta, come me, che le riforme vadano accelerate non ritardate"."Il Pd ha raccolto risultati significativi. Il risultato è molto positivo in Emilia-Romagna - ha proseguito l'analisi del voto -, siamo a metà tra le regionali e le europee, è il segno che non era un consenso legato a una persona ma a una esperienza, che il Pd può portare l'Italia fuori dalle sabbie mobili". Sulle trattative con Berlusconi per la riforma della legge elettorale, dichiara il premier, "non c'è alcuna ragione per ritardare" ma, chiarisce, "la proposta di Berlusconi di scegliere prima il prossimo Capo dello Stato va restituita al mittente. Questo tentativo sarebbe inaccettabile".

 

Sulla sconfitta dei grillini, Renzi ha ribadito che è stato merito del Pd se Beppe Grillo "è saltato" e ha aggiunto ironicamente: "Se si è stancato lui figuriamoci chi l'ha votato. La frattura del M5s nasce dal fatto che sono andati a sbattere contro il muro del 40,8 per cento del Pd alle europee e ora c'è una divisione fortissima tra loro che avrà conseguenze".

 

Ora "dobbiamo cambiare l'Italia", ha concluso Renzi, annuncianmdo che "il congresso si farà ma nel 2017. Bisogna cambiare il paese senza preoccuparsi se possono cambiare i sondaggi, perché innanzitutto i sondaggi del Pd vanno benissimo, semmai cala la mia popolarità, ma io voglio cambiare l'Italia".

 

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