Oppositori al divieto di commercio delle sigarette a Westminster, in Massachusetts (foto AP)

Lezioni di libertà dal Massachusetts contro il bando alla sigaretta

Redazione

“Questa non è una questione di tabacco, è una questione di controllo”, dice Nate l’allevatore di galline da uova. “E’ antiamericano”, esclama Rick l’imbianchino. A Westminster, Massachusetts, in queste settimane è stata combattuta, e vinta, una piccola campagna di libertà.

Roma. “Questa non è una questione di tabacco, è una questione di controllo”, dice Nate l’allevatore di galline da uova. “E’ antiamericano”, esclama Rick l’imbianchino. A Westminster, Massachusetts, cittadina di settemila anime a 80 chilometri da Boston, nata prima della rivoluzione americana come posto per il cambio dei cavalli, e da allora rimasta quasi uguale, con le villette con il porticato, i giardinetti, gli steccati tinteggiati di bianco e nessun supermercato, in queste settimane è stata combattuta, e vinta, una piccola campagna di libertà. E’ successo che la commissione per la Sanità della cittadina ha presentato il mese scorso una proposta di legge per bandire la vendita nei negozi di tutti i prodotti a base di tabacco e nicotina. Sigarette, sigari, sigarette elettroniche, tabacco da masticare. Se vendi tabacco fai attività di contrabbando, hanno detto i solerti commissari di Westminster, esattamente come sotto il proibizionismo, come nelle “dry town”, le città, soprattutto del sud, che ancora oggi vietano la vendita degli alcolici. Sarebbe stata la prima volta in America, e sarebbe stato il provvedimento più duro contro le sigarette mai preso in un paese sviluppato. Passi anche che a Central Park non si possa fumare, passi che a Tokyo per accendersi una sigaretta sia obbligatorio rinchiudersi in aree specifiche anche all’aperto, passi che le brasserie parigine abbiano perso metà del loro fascino da quando sono smoking free. Ma a bandire del tutto la vendita di tabacco non c’era ancora arrivato nessuno.

 

La commissione di Westminster lavora alla sua proposta da questa primavera, ma nessuno se n’era accorto fino a quando il mese scorso gli amministratori hanno notificato ai proprietari degli otto negozi e drogherie della città che forse presto avrebbero dovuto smettere di vendere sigarette. Tutta Westminster è insorta, e il fatto più interessante è che a protestare non sono stati (solo) i tabagisti. A riempire la scuola elementare della città all’assemblea pubblica della settimana scorsa con i commissari per la sanità, a vociare e a protestare contro la proposta di legge, c’erano soprattutto non fumatori. Il fatto è che il problema non è il tabacco. Solo il 17 per cento dei cittadini è fumatore e la maggior parte della popolazione ritiene che fumare sia un’“abitudine disgustosa”. Ma a Westminster, cittadina rurale che vota repubblicano in gran maggioranza, nessuno può sopportare che il governo si intrometta nella vita delle persone fino a impedire loro di comprarsi le sigarette. “Ci stanno togliendo le nostre libertà di tutti i giorni, un poco alla volta”, ha detto Nate l’allevatore, che è stato sentito dal New York Times, mentre altri cittadini temono che i prossimi nella lista dei divieti del potere centrale saranno le armi e la religione. C’è anche un risvolto economico: chi va al negozio sotto casa a prendere le sigarette finisce sempre per comprare qualcos’altro, e uno studio ha calcolato che i commercianti di Westminster avrebbero perso un terzo dei ricavi con il bando del tabacco.

 

I commissari cittadini hanno detto che bandire il tabacco è un dovere morale, che impedire che i giovani comprino prodotti potenzialmente letali come le sigarette è una “missione per la salute pubblica”, e in questo interpretano perfettamente una parte dell’America, quella in cui il salutismo si è trasformato in ingegneria sociale, e la “missione per la salute pubblica” è diventata un’imposizione a volte autoritaria. Ma i cittadini di Westminster tengono alle loro libertà, anche a quella della sigaretta, e tanto hanno protestato che mercoledì i commissari hanno lasciato cadere la proposta di legge. E’ una piccola vittoria in una piccola città, che va in controtendenza rispetto alla tracotanza di chi, a partire dalla Casa Bianca, vorrebbe decidere per gli altri consumi e stili di vita.

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