Volteggiano come gli angioletti intorno alle Madonne di Raffaello i froci evocati nel fluire verbale di Nicolino Tosoni (Pierre et Gilles, “San Sebastiano”, 1987)

Il frocialismo la trionferà

Stefano Di Michele

Quando le ideologie tramontano, resiste un solo avamposto: Nicolino Tosoni. Lo trovate su Radio Radicale. Nel tedio dei congressi, nelle ciarliere dirette alla radio, nelle soporifere assemblee, sempre appare il Frocio Radicale Unico.

Il frocialismo la trionferà! / Evviva il frocialismo e la libertà! Mentre la sinistra scolora e la destra stinge e il centro si fa straccetto da spolvero, una trincea non cede, un avamposto resiste, un terrapieno si fortifica: il Fronte Frocialista, mirabilmente incarnato dal suo leader, dal suo cantore, soprattutto dal suo fine dicitore: Nicolino Tosoni da Cavazzo Carnico. Se non lo conoscete affrettatevi, documentatevi, sintonizzatevi! Dove? Principalmente (vabbè, esclusivamente) su Radio Radicale. Durante le fluviali dirette dei congressi, per esempio, che seppur richiedono salda tenuta da Assemblea del Popolo di Pechino, hanno improvvisamente di questi squarci geniali e matti e illuminanti. Oppure nelle quasi quotidiane dirette telefoniche della stessa radio – quaranta secondi quaranta a testa, ma si può sempre piazzare a buon conto un “Nessun dorma!” piuttosto che un esortativo “Surgite!”, e lesto e aulico Nicolino appare e s’insinua. O magari su YouTube, certi memorabili filmati da sgombrare l’orizzonte da ogni altro finto situazionista da riporto. Nicolino Tosoni è un massiccio signore di oltre settant’anni, dall’aria simpatica e dalla chioma fluente (oltre che di un corvino miracoloso), ampi occhiali da vista da decenni scomparsi dalle vetrine degli ottici, simili a quelli del fantozziano ragionier Filini, insieme ad altri benemerito fondatore nel preistorico 1972 del Fuori! (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano, con successivo adeguamento internazionalista della “I” finale, così da mutarlo, il lodevole Fronte, da Italiano in Internazionale), e presidente onorario dello stesso. E va da sé, storico iscritto/militante/rompiballe radicale – uno che un congresso non salta, una riunione non manca, un convegno non marina, sempre autonominandosi e rivendicandosi e presentandosi come il Frocio Radicale Unico, inteso perciò F.R.U. (così quasi, e chissà se a caso, evocativo della mitica scenetta di Lino Banfi sbirro che in un ristorante romano/romanesco viene accolto dal chitarrista coi memorabili versi “benevenuti a ’sti frocioni / belli grassi e capoccioni / e tu che sei un po’ fri-fri / dimme un po’ che c’hai da di’!”; con inevitabile altrettanto memorabile replica del poliziotto travisato, “non sono frocione / non mi chiamo fri-fri / sono commissario / e ti faccio un culo così!”). Ma è F.R.U., al massimo F.R.U.-F.R.U., Nicolino, certo non banale fri-fri, e così instancabile presiede e vigila, acchiappa il microfono, fatica a mollarlo (faticano molto di più gli altri a farglielo mollare), sfotte e s’appassiona. E appassiona, e fa uscire matti tutti gli altri, a parte la temeraria pattuglia dei suoi sostenitori. (Tre voti, solo la micragna di tre voti, per fare il segretario l’ultima volta. Peccato: avrebbe fatto furore). E lui così parte, con un’invocazione che, orientata al Supremo Reggitore della testarda combriccola radicale, potrebbe non di meno sembrare orazione diretta Quelo come a Manitù: “Mio Magno Maieuta Marco…”.

 

[**Video_box_2**]Nel piccolo mondo antico radicale (che da quasi cinquant’anni della manna pannelliana si nutre: pure sostanziosa, certo come menù non troppo vario), gozzaniamente stipato – i Marco e le Emma e i Marcocappato, “Loreto impagliato e il busto d’Alfieri” e scatole senza confetti e noci di cocco e frutti di marmo protetti dalle campane di vetro nel salotto polveroso di Torre Argentina – Nicolino è vero e proprio mito. Quasi istituzione. Quasi icona. Il Frocio Matto di casa, come nelle magioni più rispettabili matto è il nonno, che si aggira con la patta aperta? Non ci sarebbe niente di male – e a qualche microfono afferrato e caparbiamente mantenuto, Nicolino l’ha superbamente declamata la necessità della “presenza di qualche istrione pazzoide, frocio o meno che sia”, e all’amico tendente a farsi nientemeno doge veneziano, ha concesso che vada, avvertito e insieme benedetto, “a ognuno il suo e a ogni pazzo la libertà di esistere”. Lui, di suo, è il tormento e il terrore di tutti quelli addetti a presiedere, a smaltire il traffico degli oratori, a vigilare il lento fluire dei comizianti. E perciò, raccontano quelli pratici di congressi radicali, tendono sempre a farlo parlare sul tardi, davanti ad aule semivuote, o vuote del tutto, tra la cena e il raduno delle commissioni. “Ma se parla Tosoni, c’è gente che torna apposta per sentirlo, pure a sera inoltrata”, racconta un militante. Né lui mai delude. Già prima di parlare, per la grazia e la bella insensatezza del suo procedere verso il podio bramato e finalmente afferrato. Ci sono momenti esilaranti, tra i rimasugli di YouTube, impeccabili messe in scena, ove il genio tosoniano per intero rifulge. Lui s’avanza a piccoli passetti come geisha nipponica, come Madama Butterfly in transito presso la più terrena “Associazione Coscioni”, o consimili. Voce dal palco: “Se possiamo accelerare questo avvicinamento al podio…”. Replica: “L’avvicinamento così lento dovuto a età, oramai raggiunto tetto discretamente anzianesco…”. “Mi sia consentito di riassumere, sia pure non brevemente…”. Mormorìo dolente manzonianamente “repente si desta” dalla presidenza: “No no no no no…”. E Nicolino, che quasi con “sparsa le trecce morbide su l’affannoso petto” pare, assicura e di più inquieta: “Abbiate fiducia…”, chissà se è il caso.

 

Tutto da gustare, poi, l’ultimo congresso radicale, fresco di scasamento in quel di Chianciano – che persino là un po’ di fegato sano il compagno frocialista Tosoni Nicolino ha forse compromesso. Presiede l’arzilla e combattiva (e nell’occasione un po’ arcigna) Laura Arconti, novanta felicissimi anni: “Nicolino mi ha addormentata… Giuro sul suo onore, parlerà solo tre minuti, al terzo minuto gli stronco il microfono… Muoviti, spicciati…”. E quello, finalmente planato sul palco: “Appello a tutti voi, sono un frocio contento orgoglioso di esserlo…”. I froci/il frocio, dice sempre Nicolino – volgendo l’insulto usato dai cretini violenti (ed esorcizzato dai cretini e basta del politicamente corretto: nooooo, frocio noooooo, non sta bene dirlo!) a rivendicazione, a festevole coriandolo, a gustoso andazzo esistenziale. Di più, di più ancora Nicolino si autoproclama – e ben oltre il Frocio Radicale Unico ecco sorgere sul profilo di qualche palco il rilucente “Nicolinus Rex Frociorum Primus” – o come si racconta durante un’intervista dopo una sua rara assenza, “al primo comitato di codesto anno non ho potuto partecipare perché impegnato in faccende casalinghe coniugali… Prima pax familiaris, in secondis politicantis…”, e anni fa narrò della convivenza col suo compagno, “lui è un bravo cassazionista”, e “tanto per non ricordare siamo insieme dal 6 ottobre 1976, alle ore 21, era un mercoledì sera… Oggi convivenza di una coppia vecchietta, con tran tran quotidiano…”. Lo intervistano a uno degli annuali congressi radicali, sempre da tenersi in stagione di vendemmia. Dice all’intervistatore: “Ella ha avuto la gentilezza di presentarmi come candidato alla segreteria, ma Ella come tutti i giornalisti è smemorata”, e vai con la dovuta rivendicazione del Frocio Radicale Unico. “Ignorante, ma non rincoglionito”, prova a parare il colpo il volenteroso cronista. “Ma per essere rincoglionito bisogna avere i coglioni…”. Compiutamente ed esattamente evocati, i froci, nel fluire verbale di Nicolino, tanto nello scritto quanto nel rivolgersi a “questa alta e alma assemblea”, volteggiano come gli angioletti intorno alle Madonne di Raffaello – o la regina Cristina di Svezia o il Regno di Spagna o il felice Regno di Svezia. Lesto, alla caduta di Gheddafi (l’Hitler africano, lo proclamò), subito si diede da fare per “l’appena costituito movimento frocialesco libico”, con solare ardore simil-beduino. Memorabile quella volta, raccontano, che arrivò con cappellino e veletta, donnino di buona circonferenza ma lo stesso intatto appeal. E i libri usati – a tematica omosessuale, va da sé, frocialista, meglio ancora – che tenta di vendere a congressisti/militanti/dirigenti. E’ pure poeta e scrittore di suo, inevitabilmente, il divino Nicolino – eternamente, peraltro, candidato: ma la candidatura di ognuno, entro la cinta del piccolo borgo radicale (tanti siamo e tanti ci proponiamo), è persino d’uopo. Si legge su Wikipedia: “Ha pubblicato, tra gli altri, una silloge poetica, ‘Da Pipel a Rinoceronte Viola’ (terza edizione, con la riproduzione di un ritratto fattogli nel 1994 da Giorgio Foresto, 2014) e il saggio ‘Omosessualità: identità di vita’ (terza edizione 2012” – peccato solo per quel titolo così poco frocesco, accademico/corretto che pare quasi quasi un convegno dell’Arcigay.

 

Pannella – “il Maieuta Marco” incessantemente richiamato – è uno capace di perdere la pazienza persino con pazientissimi per professione e vocazione come Massimo Bordin e Walter Vecellio, figurarsi con Nicolino e il suo perenne agitare le sorti progressive del frocialismo, e bacchettare coloro “che tengono le falde del piviale del Dittatore di turno”. Una volta, racconta un big radicale, Nicolino andò a dire la sua pure al Caffè Pedrocchi, là dove proprio il Maieuta stava tenendo fervente conferenza stampa – così che lo stesso, pare, chiamò la polizia. All’inizio dell’anno, in “un momento di debolezza”, Nicolino ha tentato il suicidio. Barbiturici. Si è ripreso, per fortuna. “La vita deve essere vissuta senza rammarichi”: giusto, e meglio così. E ha ripreso il microfono. I suoi libri usati. Il volo squinternato e fascinoso dei suoi interventi. Come la mimica e il verbo tosoniano – meraviglioso il dribblare del suo “né una novità, né tampoco un pericolo”, o quando formalmente comunica le preferenze che darà, “per le Europee Nicolino Tosoni voterà nel seguente modo presso il seggio di Albignasego dove è tuttora incardinato”, e segue modo – possano produrre una sorta di incantamento se ne trova traccia persino in internet, quasi appositi fan club a lui dedicati, con scambi e segnalazioni delle sue più felici elevazioni lessicali, quel suo modo insuperabile, tra il tenorile e l’eroina risorgimentale e sempre il sacro pathos del fuoco del frocista che arde, con cui chiude i suoi interventi: “A ognuno il suo!”, “Nessun dorma!”, “Non prevarranno!”, il fenomenale “Surgite!”, e quella volta che, dopo aver annientato una platea congressuale, col suo garbo e la sua gentilezza, concludeva: “Tanto dovea!”. Ti prende una nostalgia e uno struggimento degno piuttosto, e a giusto motivo, della Contessina Alfonsina Serbelloni Mazzanti Viendalmare – “vadi, contessa, vadi!”.

 

A proposito di fan, c’è Paolo, che sempre ascolta Radio Radicale, con annessi e connessi, che grazie al “compagno di scuola che mi passò il primo spinello e mi rese dipendente a vita”, ha scoperto “l’esistenza di Nicolino Tosoni e da allora, ogni anno, ci riporta i suoi omaggi e ci rassicura sulla salute della sua fulgida militanza”. E i detti del “classico, sommo, vittorioso Nicolino Tosoni, rex frociorum”, trovano ampia disamina e sperticate lodi nel sito “Freddy Nietzsche, il blog che abbraccia i cavalli”. Ecco la massima testimonianza, quella di Matteo Bordone, autorità somma: “A Radio Radicale l’altra settimana trasmettevano i lavori di un loro congresso, in diretta da qualche località termale. E io ero in macchina che tornavo a casa da Cuneo, con la morosa.

 

Ascoltavamo rapiti, questo buffo spaccato di umanità… Mentre la morosa minacciava di buttarsi dall’auto in corsa – difficile condividere il mio feticismo per la noia compressa – è arrivato il turno di tale Nicolino Tosoni. Non avevo mai sentito parlare di lui: un nome e un cognome, senza nessun dato attaccato. Si accende il microfono – noi in macchina, coll’autunno fuori dai finestrini, in un’autostrada vuotissima – e inizia questa opera d’arte totale”. E lodi al “genio puro” di Nicolino, magari nella difesa della Ru486, pure nell’impossibile utilizzo, “non essendo ancora disponibile il trapianto di utero nel frocio” – e momenti in cui si chiama in causa (Bordone lo fa, non altri osa) Carmelo Bene, altri in cui è opportuno ricorrere ad Aldo Palazzeschi, altri in cui non si può non tirare in ballo Paolo Poli, sempre e comunque contemplando e ascoltando “il gigante della retorica fiorita”. Sintesi: “Lo stile di Nicolino è insieme conservatore, rivoluzionario, integerrimo, incasinato, mussoliniano e libertario, urlato e sottovoce, pacifico e bombatomica”. Oggetto di un piccolo, radicato (meno radicale) culto, Nicolino. E infatti: “Ma è stupendo!”. Oppure: “Mi sto pisciando nelle mutande dal ridere! Ho un nuovo scopo nella vita. Voglio vedere quest’uomo!”. Persino: “Peccato non si sia presentato alle primarie del Pd”. Si propone: “Scusa, ma un gruppo su FB sarebbe troppo?”. Ci si oppone: “No, il gruppo su Facebook no! Questo non è un gonzo qualunque, di quelli che ‘impazzano’ su YouTube perché si scaccolano col cacciavite ballando su una canzone di Madonna: questo è un folle, ma geniale davvero!”. Poetici: “Questo è adorabilmente F.U.O.R.I. di testa!”. “Meraviglioso!”. “E’ sublime”. “Strepitoso!”. “Mai più senza!”. La ola, pure la ola si fa: “Ni-co-lino! Ni-co-lino! Ni-co-lino!”. Poi la logica, estrema domanda (a Matteo): “Ma la morosa si è poi buttata fuori dall’auto in corsa?”. Avrebbe, forse. Giustificata, certo.

 

Nicolino Tosoni da Padova (provincia), generoso frocialista militante/orante (pur se ora e sempre “F.U.O.R.I. il Vaticano dall’Italia!”, si capisce)/irritante (chiedere a Marco P.), microfono mai esente, è puro e schietto e pregevole prodotto del genio e della sregolatezza radicale, fratello (e soprattutto sorella) di ogni Cavallo/a Pazzo/a che fu e che sarà, uno che poteva e sapeva cominciare la sua rubrica (“A tu per tu con Nicolino”: come ti sbagli), sul forum radicali.it, così: “E’ da poco che ho riaperto i miei occhioni non blue per trascorrere un nuovo giorno… Cos’ho meditato tra me e me, senza purtroppo avere il consiglio di Gigio Bagigio Sabato detto Giogi il Villeggiante (meglio noto come Gigiotto), e nella mia solitudine inquieta sono addivenuto alla presente et irrevocabile decisione…”. Magari un giorno lo faranno, a Nicolino Tosoni, ancor strepitoso “garzoncello scherzoso”, segretario del borgo antico radicale. Sarebbe la svolta. A discutere la domenica con Bordin, a seminare il sale sulla coda della Bonino, a mettere in riga i Marcocappato, “suo astioso comportamento decennale nei miei confronti”, fino alla sacra sommità pannelliana, tutto il bric-à-brac dei Soliti Noti, da Loreto al busto d’Alfieri e persino la buonanima di Nonna Speranza, or ora sospesi tra triste irrilevanza effettiva e generoso mondialismo desiderato. E se non sarà più trans-partito, e se mai più sarà trans-nazionale (tanto, a cotanto risultato, capirai), sarà di sicuro trans-frocialista. Che la trionferà! A dir poco.

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