Re Abdullah

Con questo trucco i matematici sauditi battono pure il Mit di Boston

Daniele Raineri

Una settimana fa lo Us News and World reports ha stilato la prima classifica mondiale delle università, incluse le sottoclassifiche materia per materia. In settima posizione si è piazzata la King Abdulaziz di Gedda, in Arabia Saudita, prima del Mit di Boston.

Roma. Una settimana fa lo Us News and World reports (Usnwr) ha stilato la prima classifica mondiale delle università, incluse le sottoclassifiche materia per materia. Tra i primi dieci dipartimenti di Matematica al mondo ci sono Berkeley, Stanford e Princeton (ai primi tre posti) e in settima posizione si è piazzata la King Abdulaziz di Gedda, in Arabia Saudita. Il rinomatissimo Mit di Boston non è nella prima decina e arriva undicesimo. Lior Pachter, un professore di Berkeley, racconta sul suo blog che la classifica ha scatenato una tempesta di mail accademiche, la maggior parte delle quali più o meno era di questo tenore, tra il finto modesto e il vero gongolante:  “Si sa, le classifiche non sono mai perfette, però hai visto quanto siamo fighi?”. Pachter nota che i sauditi sono arrivati al settimo posto scalzando Boston ed è un dato che alle sue orecchie suona inaudito. “Sono quindici anni che lavoro nel dipartimento di Matematica di Berkeley e in tutto questo tempo non ho mai incontrato qualcuno da quel dipartimento di Matematica, e nemmeno ho mai ricevuto una domanda di lavoro da uno dei loro laureati. Onestamente non riesco a ricordare di averla mai sentita nomimare in un contesto scientifico”. Segue ricerca veloce su Google. La King Abdulaziz è stata fondata nel 1967, Osama bin Laden ci ha studiato nel 1975, il dipartimento di Matematica ha cominciato un programma per dottorati di ricerca due anni fa. Il capo del dipartimento è il professor Abdullah Mathker Alotaibi, un Ph. D. del 2005 con zero pubblicazioni al suo attivo (nel mondo accademico le pubblicazioni firmate e le citazioni altrui valgono come attestato della validità del proprio lavoro – e come misura della bravura). Come fa il dipartimento saudita a battere il Mit di Boston?

 

C’entrano, come qualche lettore avrà già sospettato, le disponibilità finanziarie tendenti a infinito del governo saudita. La classifica mondiale dei dipartimenti si basa sulle pubblicazioni prodotte e sulle citazioni dei lavori dei ricercatori. I sauditi ingaggiano molti e molto rispettati professori di Matematica e chiedono loro di essere “anche” professori della King Abdulaziz, almeno al momento della pubblicazione. Basta dichiararsi professori del proprio dipartimento “e anche” del dipartimento saudita. In cambio, c’è un contratto da seimila dollari al mese e un obbligo di frequenza di tre settimane (anche non consecutive) a Gedda, in un hotel a cinque stelle, voli in business class e spese inclusi.

 

Pachter cita un pezzo pubblicato su Science nel 2011, titolato “Le università saudite offrono cash in cambio di prestigio accademico”. Il trucco funziona con certezza matematica, anche se come nota il professore di Berkeley con un carattere neretto sul blog (in ambito accademico forse equivale a un urlo) “non è appropriato dirsi affiliati a un’istituzione con cui non si intrattiene nessuna relazione scientifica”. Poi ricama sul tema, abbastanza facile, della rappresentanza delle donne alle conferenze della King Abdulaziz (non fortissima, com’era facile immaginare. Talvolta pari a zero).

 

L’Arabia Saudita e il vicino Qatar stanno portando in ambito accademico una rivalità che hanno già rodato nella politica (si detestano) e con le televisioni (al Jazeera e al Arabiya si punzecchiano spesso). Doha ha messo in piedi una Fondazione per la ricerca scientifica che sta attraendo ricercatori da tutto il mondo. Forse Riad vuole recuperare in fretta il gap di prestigio accademico, ma sta forzando in modo troppo vistoso la mano.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)