Maurizio Landini (foto LaPresse)

Balle d'acciaio

Redazione

L’illusione funesta che lo stato possa accollarsi la siderurgia privata.

Di fronte a una grave crisi aziendale come quella che investe le acciaierie di Terni, è abbastanza naturale, in assenza di alternative privatistiche in Italia o all’estero, pensare a un intervento più o meno diretto dello stato. E’ quasi ovvio che lo faccia il segretario della Fiom, Maurizio Landini, peraltro coerentemente con una visione economica rudimentale che pensa a investimenti pubblici diretti nella produzione finanziati da una patrimoniale punitiva. E’ invece sorprendente che anche un esponente della maggioranza con inclinazioni riformiste, come Maurizio Sacconi, si scagli contro le norme europee che impediscono gli aiuti di stato. Da un punto di vista astratto Sacconi ha ragione, con quelle regole in realtà si favorisce chi detiene già settori dell’economia in mani pubbliche, con l’effetto controproducente di penalizzare chi privatizza.

 

Però, se ci si riferisce concretamente al ritorno a una siderurgia pubblica con un impegno permanente dello stato, bisognerebbe ricordare che questa scelta, praticata per più di mezzo secolo, dopo gli effetti positivi della prima fase di ricostruzione è costata assai cara ai contribuenti italiani e alla fine ha prodotto colossali ruderi industriali e masse di disoccupazione. Naturalmente sarebbe un’altra questione se lo stato promuovesse le condizioni più favorevoli a un intervento privato, anche con un temporaneo impegno diretto. Ma si sa che in Italia non c’è niente di più permanente di quel che nasce come provvisorio. Chi ha dei dubbi può visitare Bagnoli, dove sono state spese cifre incredibili per costruire un’acciaieria che non ha mai prodotto nulla. Ai lavoratori di Terni va data una risposta, ma non la stessa che si è rivelata così devastante a Napoli.

 

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