Da Nerone ai Duran Duran, due anni vissuti culturalmente su Sky Arte

Redazione

Prendete i Duran Duran, la band icona del new romantic anni Ottanta, fate dirigere le riprese di un loro concerto dal regista, musicista, visionario David Lynch, e fate commentare il tutto dall’ex Bluvertigo Morgan, ora star della tv in “X Factor”.

Roma. Prendete i Duran Duran, la band icona del new romantic anni Ottanta, fate dirigere le riprese di un loro concerto dal regista, musicista, visionario David Lynch, e fate commentare il tutto dall’ex Bluvertigo Morgan, ora star della tv in “X Factor”. Prendete un cantiere – quello per il restauro della Domus Aurea, magnifica reggia che l’imperatore Nerone volle costruire alle pendici del Palatino – e create un evento televisivo che raccolga fondi per il ministero dei Beni culturali e contemporaneamente racconti la storia di uno dei siti archeologici più spettacolari di Roma. Prendete l’appartamento di un deejay, Alessio Bertallot, e trasformatelo in un programma televisivo settimanale dove sperimentare live, remix, produzioni e sinestesie (nel senso più artistico di “contaminazioni” tra pittura, musica, scrittura). Prendete tutti questi elementi – e molti altri ancora – e provate a trasmetterli insieme sulla stessa rete televisiva, ma con un linguaggio nuovo, in altissima definizione, senza tromboni (a meno che non si tratti di jazz) né barbose discussioni sulla cultura di massa.

 

[**Video_box_2**]Sky Arte, che domani compirà due anni, e il suo direttore Roberto Pisoni hanno capito una cosa: esiste un pubblico a cui piace guardare Lou Reed e i concerti di Salisburgo di Claudio Abbado, Pablo Picasso e Banksy, il Cirque du Soleil e i palazzi storici degli istituti di credito. E non è un pubblico di nicchia. Le produzioni straniere sono adattate ai vizi del telespettatore italiano, quelle italiane in continuo miglioramento, con uno sforzo di ricerca e immaginazione che qualcuno non pensava più possibile. I social network, poi, fanno il resto, e trasformano la messa in onda in evento senza dover rincoglionire i telespettatori di pubblicità (la pagina di Sky Arte su Facebook ha 132 mila like, più o meno diecimila in più di “Ballarò” e di Rai5, la rete digitale culturale del servizio pubblico. E non è così scontato che una rete tv italiana “dialoghi” con i telespettatori su Twitter: basta guardare la timeline di Pisoni, su Twitter @Buzzkanio, per farsi venire voglia di mettere sul canale 120 di Sky). Anche la messa in onda di serie di nicchia ha funzionato (due su tutte: i racconti autobiografici di Mikhail Bulgakov con la miniserie “Appunti di un giovane medico”, e il capolavoro prodotto dalla Bbc insieme con Hbo “Parade’s end”, ispirata ai romanzi di Ford Madox Ford e tradotta per la tv dallo sceneggiatore premio Oscar Tom Stoppard). E anche produzioni come “Art investigation”, a metà strada tra il programma classico e il documentario sui quadri rubati, funzionano.

 

Aldo Grasso, critico televisivo e docente di Storia della televisione, a febbraio scriveva sulle colonne del Corriere che “spesso, la cultura nella tv italiana si è manifestata come qualcosa di episodico, di occasionale, di inaspettato: quando appare sullo schermo, ha inevitabilmente le forme dell’apparenza, è timido sussulto, vibrazione esteriore. Ed è perciò sempre più raro trovarla nelle trasmissioni cosiddette culturali. In nome della cultura, l’intelligenza è stata più volte sfregiata, se non umiliata”. Eppure la rete diretta da Roberto Pisoni “cerca di costruire un’identità di rete, che è il primo requisito per investire in cultura”. Una sfida non facile, scriveva Grasso “perché da anni la nostra tv si distingue soprattutto nel peggio”.

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