Beppe Grillo (foto LaPresse)

Grillo ha un problemino in casa, dalle urla populiste al “siamo tutti froci”

Marianna Rizzini

Dice “ah” e quelli gli rispondono “bah”: questo lo stato dello scambio di amorosi sensi tra Beppe Grillo e la cosiddetta base di attivisti del clic sul web (poche decine di migliaia), autorizzati a partecipare a Parlamentarie, Quirinarie, Regionarie nonché a tragicomici voti sulla “linea”.

Roma. Dice “ah” e quelli gli rispondono “bah”: questo lo stato dello scambio di amorosi sensi tra Beppe Grillo e la cosiddetta base di attivisti del clic sul web (poche decine di migliaia), autorizzati a partecipare a Parlamentarie, Quirinarie, Regionarie nonché a tragicomici voti sulla “linea”. E a mettersi nei panni di Grillo dev’essere dura, a questo punto: ha fatto il Mangiafuoco, il mangiapartiti, il tribuno anti immigrazione clandestina, il signor “no” con il Pd e il battutaro greve (l’Arcigay si arrabbiò per il suo “at salut, busòn” – “ti saluto, culattone” – detto in piazza Bologna, nel 2011).

 

Ha fatto quello che in Europa si allea con Nigel Farage nonostante il mugugnare dei suoi eletti; ha pronunciato in piazza a Palermo, due giorni fa, la frase da sbalordimento perpetuo del borghese (che tocca fare quando si perdono voti): la mafia era più “morale” prima, oggi è “corrotta” dalla finanza, ha detto il comico orfano della grande ribalta e non nuovo a simili frasi (nel 2012 aveva detto che la mafia “non strangola il cliente”, chiede solo il pizzo e uccide solo quando è necessario). “Grillo cerca i voti della mafia”, l’ha rintuzzato il governatore siciliano Rosario Crocetta, altro orfano della ribalta nonché ex alleato del M5s dei tempi d’oro (“modello siciliano”, sognava il Pd di Bersani).

 

[**Video_box_2**]E insomma uno (Grillo) ha percorso le mille miglia in camper, s’è ridotto a prendere il 2 per cento alle comunali di Reggio Calabria, s’è buttato sull’urlo quotidiano contro il Quirinale (anche ieri, con tanto di sondaggio sul blog: indovina quali domande avranno fatto i giudici a Napolitano). Uno ha fatto tutto questo e poi, zac, si ritrova la casa invasa di attivisti che vorrebbero tanto essere istituzionali (sì al dialogo con il Pd, va bene pure quello sulle nomine alla Consulta e al Csm, “aspettiamo segnali”, dicono i parlamentari pubblicati sul blog a firma “M5s Camera e Senato”). E vorrebbero essere civili, i Cinque stelle, e progressisti, non populisti, verdi e pro Cgil (ciao ciao piccole e medie imprese innamorate di Grillo). Di più: sono tutti per il sì alle unioni gay – ventimila e passa voti favorevoli nel sondaggio online sul tema lanciato il 28 ottobre, con tanto di giallo sull’inciso che escludeva l’adozione di figli “estranei alla coppia”, scomparso a un certo punto dal testo (ma c’è il link esplicativo, ha detto in seguito lo staff). E anche se Grillo nel 2012 aveva detto di essere “favorevole” alle nozze gay, l’argomento non era per così dire centrale nei comizi della fase iper-populista. Ma l’ingresso nel Palazzo ha provocato nei suoi la voglia di Palazzo (velluti, educazione, mediazione, ponderazione). Ed ecco che (nel gennaio scorso) gli attivisti gli dicono chiaro e tondo, sempre via sondaggio (insolenza!) che non sono d’accordo con lui, e che vogliono l’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Ed ecco che (nel febbraio scorso) lo mandano riluttante, via referendum online, a discutere in streaming con Matteo Renzi.

 

Aveva fretta, Grillo, due anni fa, quando i sondaggi gli dicevano “pancia mia fatti capanna”, di riempire la valigia del Movimento di qualsiasi cosa passasse per la rete: scontenti epidermici di ogni colore, masse borbottanti contro i governi ladri, arrabbiati tanto per arrabbiarsi, superstiziosi del web, delusi dalla sinistra, dalla Lega, dalla destra. Ma adesso che Grillo, voti alla mano, s’è svegliato dimezzato, vai a far capire alla “base” che era tutto già noto: il comico non era un terzomondista apri-frontiere, non era un politico (né uno stratega), non era un pioniere di mondi arcobaleno. E infatti la base scappa dal recinto.   

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.