Matteo Renzi (foto LaPresse)

Gli intrusi e il potere

Giuliano Ferrara

Una cortina di ferro è calata sull’Italia di Renzi. E’ una nuova guerra fredda, sulla scia di quella che divise in maniera fondamentalista ai tempi di Craxi e nella stagione di Berlusconi. Ecco come e perché.

E’ come se una cortina di ferro fosse calata sull’Italia di Matteo Renzi. E’ cominciata una guerra fredda. Due sistemi di idee e di prassi, e la coesistenza pacifica (armamenti a parte, che in questo caso sono politici e culturali) è in precario equilibrio. La divisione è ferrea, antropologica si direbbe, sulla scia della precedente ventennale guerra civile strisciante condotta dall’esercito berlusconiano, da un lato, e dal suo antagonista, che considerava il Cav. l’Arcinemico, dall’altro. Lo si vede da segnali inequivoci. In Parlamento e in quel che resta dei partiti e del Pd, dove una frastagliata cordata protestataria e renitente si organizza ogni giorno per trabocchetti vari, sebbene in un orizzonte cieco, perché non c’è una vera guida, non c’è una visione alternativa, non c’è una politica e una prospettiva (a chi converrebbero crisi ed eventuali elezioni?). Nel sistema dei media, giornali e tv, dove a parte qualche lecchino del premier pro tempore, della solita stoffa ruffiana, la guerra è tra i nazionalpopolari, quelli che sono abbagliati dal comunicatore di ultima generazione, dal nuovo leader fattosi da sé ed estraneo a una stretta cultura di partito, e i rimasugli dell’antiberlusconismo, oggi in crisi di ascolti e di credibilità, alleati con il cattivo umore dell’establishment e della burocrazia pubblica, che tengono questo boy scout incontrollabile, estraneo alla logica dei salotti e delle concertazioni e delle intermediazioni, come un pericolo pubblico. Poi c’è l’orrore degli esteti, che non sopportano l’elemento “cool” nella vita pubblica, ma questo è un altro tratto del quadro, in fondo minore, di dettaglio.

 

Destra e sinistra, nord e sud, ricchi e poveri: il paradigma classico è sconvolto. Tutto è riclassificato. La leadership di Renzi è personale. Il suo sistema progressivamente in costruzione del potere e dell’influenza ha molti elementi tipici della tradizionale crescita di una classe dirigente, ha anche i difetti e le fragilità tipiche di questi processi novatori, ma il principe nuovo che ha l’ambizione di fondare un nuovo stato delle cose è appoggiato e avversato per linee che non hanno alcunché di comune con i vecchi confini. La cortina è ferrigna. La malmostosità dei nemici del nuovo leader è insidiosa, a tratti prepotente, si avvale di strumenti che si conoscono, di un’informazione che si vuole libera e critica verso il potere e in realtà prepara o cerca di preparare, come sempre, nuove situazioni di potere. Ci sono argomenti per criticare il premier ragazzino? Certo che ci sono, ci mancherebbe. Ma non è di questo che si tratta. E quel che rilevo non è nemmeno un processo alle intenzioni. La verità è che tutto un mondo non accetta, e lo si vede quasi fisiognomicamente dai loro muscoli facciali, nemmeno la possibilità che si cambi davvero registro.

 

E’ già successo. Con Craxi, nell’Italia dominata dal condominio del bipolarismo Dc-Pci, fu lo stesso. Antropologia e politica: chi era questo “tedesco”, questo che voleva socialdemocrazia e riformismo nel paese capitale dell’ideologismo cattolico e comunista, solidarista, consociativo e antimoderno? Con Berlusconi non ne parliamo proprio: identico scenario rispetto a quello attuale. Chi è questo che usa la televisione e i sondaggi, che parla in modo semplice e diretto, che ha atteggiamenti populisti e plebiscitari e scavalca la logica del sistema sopravvissuta alla tempesta delle inchieste sulla corruzione e al crollo dei partiti? Ieri erano le sue improvvisate da Funari, oggi il giubbetto di Fonzie e la performance da Barbara d’Urso. Le cortine di ferro (con il contorno degli allarmi farlocchi per i pericoli che corre la democrazia) calano quando una persona o una cosa nuove si affermano come intrusi, come usurpatori di un potere costituito, stabilito, che si considera in pericolo.

 

[**Video_box_2**]Ecco, cari lettori foglianti quando vedete una notizia sciatta (le pensioni l’11 del mese, non si possono pagare i mutui) o una enfatizzazione delle difficoltà in Europa della legge di stabilità (dicono che la bocceranno) o la caricatura dei vecchi governi litigiosi (ma quand’è che questo Padoan si mette a fare il Tremonti del momento, quand’è che comincia a insidiare la posizione del premier in nome della serietà al governo? Ah, che impazienza si vede in giro), ecco, quando vedete in tv o leggete nei giornali i segnali della guerra fredda, oggi nella fase del containment, arginare e proteggersi, domani con altri colpi offensivi possibili visto l’attivismo della magistratura d’assalto, già nemica giurata della nuova situazione, ricordatevi di tutto questo. E ricordatevi che se Berlusconi, che pure ha un bagaglio storico di leadership incrinato ma non spento dai suoi Arcinemici, e che tiene a mantenere autonomia e identità del suo partito e della sua coalizione, nella sostanza vuole promuovere in Renzi quello che ha la metà dei suoi anni (ipse dixit), quello che è abile e comunicativo nell’applicare le sue stesse ricette (ipse dixit), questo non è un paradosso, è un atto di lealismo verso il paese e di realismo politico, e deriva dalla percezione che lo stesso esercito di mugugnoni e di nemici milita sempre sotto le sesse bandiere, di là dalla cortina: contro Craxi, contro Berlusconi e oggi contro Renzi.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.