Matteo Renzi e Giorgio Napolitano (foto LaPresse)

Nazareni contro er popolo della rete

Redazione

Aiuto, er popolo della rete. Due giorni fa, durante l’ultima direzione del Pd, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha preso il microfono in mano e, trattenendo a stento un sorriso, ha invitato i dirigenti del suo partito a ragionare sulla scelta del nuovo presidente della Repubblica.

Aiuto, er popolo della rete. Due giorni fa, durante l’ultima direzione del Pd, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha preso il microfono in mano e, trattenendo a stento un sorriso, ha invitato i dirigenti del suo partito a ragionare sulla partita delle partite dei prossimi mesi, ovvero la scelta del nuovo presidente della Repubblica, il successore di Giorgio Napolitano, preparandosi a ragionare con calma, senza fretta, senza farsi influenzare dall’esterno, e stando bene attenti a non ripetere gli errori commessi nel 2013, quando diversi parlamentari del Pd non riuscirono a non farsi condizionare dalla base dei propri elettori (qualsiasi cosa significhi la parola “base”) che chiedeva insistentemente di trovare un accordo per eleggere al Quirinale, al posto di Napolitano, un presidente capace di rappresentare il governo del cambiamento. “Quando si eleggerà il capo dello stato – ha detto Renzi – i deputati dovranno resistere a Twitter”. Le parole di Renzi sono simili a quelle che qualche mese fa ha consegnato a questo giornale Roberta Pinotti, ministro della Difesa, che ha riconosciuto che “molti miei colleghi quando si è trattato di votare per il presidente della Repubblica sono stati condizionati da un meccanismo mediatico: agendo non secondo una propria convinzione ma secondo quello che veniva chiesto loro dai propri follower, su Twitter, su Facebook, dalla famosa ‘base’”.

 

Ma dietro al messaggio di Renzi, dietro al tweet del presidente del Consiglio, si nasconde una questione politica importante, che il segretario del Pd ha inquadrato con un sorriso sapendo perfettamente che quando sarà, quando arriverà il momento di pensare al dopo Napolitano, i sorrisi saranno di meno. Non farsi dettare la linea da Twitter significa pensare che deve essere il partito a educare e indirizzare la base e non la base a educare e indirizzare il partito. Significa ricordare che nell’éra Renzi il criterio con cui verranno scelti i candidati al Quirinale sarà legato non al politicamente corretto (modello Rodotà) ma soprattutto al politicamente opportuno. Dove per “politicamente opportuno” si intende una miscela fatta di rapporto con l’opinione pubblica (via, come potete dire di no a una donna?), rapporto con la minoranza del partito, rapporto con gli alleati di governo, rapporto con gli alleati di riforme e coerenza con le proprie idee (al Quirinale serve un politico, astenersi Rodotà). Il sottotesto del messaggio di Renzi, per chi lo vuole capire, è però ancora più sottile.

 

[**Video_box_2**]E se per base, per popolo della rete, si intende quell’insieme di smanettoni democratici a vocazione grillina che sogna di ritrovarsi con un cugino di Dario Fo al Quirinale, se per base si intende questo il messaggio di Renzi è piuttosto chiaro: cari compagni preparatevi, perché quando dovremo eleggere il successore di Napolitano la nostra scelta non potrà che essere in sintonia con lo spirito del patto del Nazareno. E i parlamentari che provano a sabotare il patto rallentando l’iter delle elezioni per la Consulta prima o poi dovranno farsene una ragione: il dopo Napolitano, Twitter o non Twitter, sarà un gioco tra loro due. Tra i nazareni. Ovviamente tra Renzi e Berlusconi.

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