Antonio Socci (foto LaPresse)

La scandalosa mezza messa all'Indice del libro di Socci sul Papa

Nicoletta Tiliacos

Ci si chiede, sinceramente, che libro abbiano letto i detrattori più implacabili di “Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta” di Antonio Socci (Mondadori, 282 pagine, 18 euro). Ci si chiede, soprattutto, se lo abbiano letto i responsabili delle Librerie Paoline.

Roma. Ci si chiede, sinceramente, che libro abbiano letto i detrattori più implacabili di “Non è Francesco. La Chiesa nella grande tempesta” di Antonio Socci (Mondadori, 282 pagine, 18 euro). Ci si chiede, soprattutto, se lo abbiano letto i responsabili delle Librerie Paoline. Le stesse che, tramite la portavoce suor Beatrice Salvioni, hanno annunciato di non voler “promuovere un libro la cui tesi non è stata approvata e con accuse infondate”. L’improvvisata messa all’indice si sta rivelando in verità piuttosto traballante, come abbiamo potuto verificare personalmente. “Non è Francesco” lo abbiamo comprato – a bella posta – proprio in una libreria delle Paoline, a Roma, quella con vista sulla protobasilica di san Giovanni in Laterano. A richiesta, il volume è stato estratto dal buio di un cassetto e impacchettato. L’onore degli scaffali, per non parlare della vetrina, gli è però negato. Al contrario di quanto accade, per esempio, per l’opera omnia di padre Anthony De Mello, gesuita convertito a un sincretismo entusiasta e grottesco, già dal 1998 giudicato dalla Congregazione per la dottrina della fede molto lontano “dai contenuti essenziali della fede cristiana”. Alle Paoline, nel frattempo, le tesi di De Mello le avranno verificate, e magari se ne sarà occupata direttamente suor Beatrice Salvioni. In ogni caso, espositori o non espositori, “Non è Francesco” è il titolo più venduto da due settimane nelle librerie cattoliche, ed è quarto nella categoria “saggistica” delle classifiche generali.

 

Non è un libro per anime belle, quello di Socci, e nemmeno per cattolici da telefoni bianchi. Anche in epoca di parresìa (nel senso di “franchezza, sincerità, parlar fuori dai denti”), la dose che ne troviamo in queste pagine rischia a più riprese l’eccesso, la sgradevolezza, l’iperbole (è fantapapismo, ha detto in sostanza qualcuno). E’ un rischio consapevole, che Socci ha ritenuto onestamente – magari spericolatamente – di dover correre. Le domande che si fa – perché il libro è fatto di domande più che di risposte – non sono mai impertinenti, nel senso che sono congrue rispetto a quello di cui si sta parlando, e portano alla luce dubbi tutt’altro che folli o illegittimi o inventati. L’autore, come è ormai noto, non nasconde la sua forte delusione per i primi passi del pontificato di Jorge Mario Bergoglio: le interviste corsare che “aboliscono” il peccato, rettificate ma non troppo; le “aperture” che si prestano a essere interpretate come sconfessioni di verità di fede fino a oggi ritenute tali e che sembrano fatte apposta per compiacere il mondo; l’attitudine dialogante erga omnes – e che dovremmo volere di più e di diverso, da un Papa? – la quale trova, tuttavia, paradossali smentite nel caso dei francescani dell’Immacolata, colpiti da un anatema pontificio a tutt’oggi privo di evidente spiegazione; le assonanze con le tesi dell’“Ante-papa” (così si autodefiniva) Carlo Maria Martini, a partire dalla non volontà di convincere gli atei e dal rifiuto del proselitismo. Il che, detto dal cardinal Martini, che fu elegantemente abituato a “épater les catholiques”, poteva pure essere comprensibile. Ma da un Papa non è precisamente quello che ci si aspetterebbe, osserva Socci. Il quale arriva al punto – ed è il vero punto debole – di mettere in dubbio la correttezza procedurale dell’elezione di Francesco (senza però mai imputarla, in nessun caso, al Pontefice stesso), partendo da quanto rivelato in una cronaca da una giornalista che è grande amica di Bergoglio.

 

[**Video_box_2**]E’, quest’ultima, la parte decisamente più indigesta e più indecifrabile del libro, sulla quale ad Antonio Socci possono dare risposta solo i canonisti (e c’è chi lo ha già fatto con argomentazioni convincenti, confutando le sue tesi, come Giancarlo Cerrelli sulla Nuova bussola quotidiana). Ma è anche una parte superflua – nonostante sia quella che dà il titolo al libro –  rispetto alle citate questioni messe in campo, e ad altre che vanno dalla “coesistenza in Vaticano di due Papi, mai avvenuta prima nella storia della Chiesa”, al significato del ritiro di Benedetto XVI: il Papa emerito che abbiamo visto ancora pochi giorni fa, e ancora vestito di bianco, abbracciare il Papa in carica.

 

Una domanda la facciamo noi, adesso: in tempi – anche bergogliani – di parresìa, può essere un peccato così imperdonabile il richiamo – che non nasconde la nostalgia – a Ratzinger e a Wojtyla (si tratta in fondo di due grandi Papi, non di colleghi di De Mello) che Socci, cattolico appassionato, profonde a piene mani nel suo libro? “Alla fine la verità ci farà liberi”, scrive Socci nell’ultima riga, citando il vangelo di Giovanni. Su questo, si spera, tutti d’accordo.

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