Proteste studentesche in Messico (foto LaPresse)

Con gli studenti spariti, in Messico si torna a dire “narcogoverno”

Redazione

A Iguala, il 26 settembre, 43 studenti della scuola per insegnanti di Ayotzinapa sono spariti dopo uno scontro con la polizia che è finito con sei ragazzi morti.

Roma. A Iguala, cittadina di 120 mila abitanti nello stato messicano di Guerrero, il sindaco è scappato da giorni. Si chiama José Luis Abarca, è del partito di sinistra Prd, i due fratelli di sua moglie erano narcotrafficanti famosi nella zona. Sono stati uccisi nel 2009 e si dice che non fossero gli unici narcos della famiglia. Lo stesso giorno del sindaco è scappato dalla città anche il capo della polizia. A Iguala, il 26 settembre, 43 studenti della scuola per insegnanti di Ayotzinapa sono spariti dopo uno scontro con la polizia che è finito con sei ragazzi morti. Forse sono stati rapiti dai poliziotti, forse da una banda di narcos, forse da narcopoliziotti, che potrebbero essere narcos in divisa o agenti traditori, e ci sarebbe poca differenza, perché in stati come quello di Guerrero, zona poverissima nel sud-ovest del Messico, narcos e polizia si spartiscono lo stesso potere. Gli studenti si erano impossessati di tre autobus per tornare a casa, a 100 chilometri da Iguala, dopo una manifestazione. E’ una cosa abbastanza comune per una “scuola normale” messicana, un istituto rurale gestito con metodo comunitario, dove l’ideologia rivoluzionaria è forte. Questa volta però la polizia di Iguala ha iniziato a sparare contro i mezzi. Alcuni dicono che insieme agli agenti ci fossero dei narcotrafficanti del gruppo Guerreros Unidos, una cellula criminale che spadroneggia nella zona. Gli studenti sono scappati, la polizia ne ha presi a decine. Secondo un testimone 17 di loro sono stati caricati in macchina e portati via, gli altri sono svaniti. Poi il 4 ottobre, poco fuori dalla città, è stata trovata una fossa con dentro 28 cadaveri bruciati, alcuni smembrati. Quei 28 corpi sono degli studenti rapiti, dicono in città, ci saranno altre fosse. Il test del Dna ci metterà settimane ad arrivare.

 

Mercoledì decine di migliaia di persone hanno manifestato in tutto il Messico per i 43 ragazzi di Ayotzinapa. Erano 15 mila nella capitale e migliaia in tutte le altre città del paese. E’ stata una manifestazione rabbiosa, perché se di omicidi di massa e fosse comuni si parla spesso in Messico, quello che è successo a Iguala è troppo anche per un paese abituato alla violenza. A Città del Messico un gruppo ha preso a schiaffoni anche Cuauhtémoc Cárdenas, santino laico della sinistra messicana, nome dell’ultimo imperatore azteco e cognome del presidente più amato della storia del Messico moderno, suo padre Lázaro Cárdenas.

 

[**Video_box_2**]Cuauhtémoc è un vecchio combattente per la democrazia, ma è anche il fondatore del partito del sindaco Abarca, il Prd, che nella capitale promette purezza socialista ma nelle periferie del paese è compromesso duramente con la criminalità organizzata. L’obiettivo principale dei manifestanti, però, era il presidente Enrique Peña Nieto. Mercoledì tutte le piazze del Messico denunciavano il “narcogoverno” che regge il paese, ed è stato come se dopo due anni in cui Peña ha fatto sforzi enormi per spostare il discorso pubblico sulle riforme e sull’economia tornasse un vecchio incubo. Contro il narcotraffico il governo ha fatto un buon lavoro, ha ridotto gli omicidi e arrestato molti grandi capi (l’ultimo la settimana scorsa). A Iguala sono stati arrestati 26 poliziotti, di cui 4 membri dei Guerreros Unidos, ma il caso degli studenti ha fatto capire ai messicani che nelle periferie del paese il crimine organizzato e la politica spesso sono una cosa sola, e per quanti boss tu possa catturare ne nasceranno altri. Ieri Peña ha detto che c’è “debolezza istituzionale” in molte parti del paese. E’ come ammettere il narcogoverno, rimanerne invischiati sarebbe un colpo durissimo.

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