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Obiettivo Beirut

Pio Pompa

Il Libano è candidato a essere il terzo fronte dell’espansione jihadista dopo l’Iraq e la Siria. Ha fatto bene il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, a dichiarare di essere “molto preoccupata, più che preoccupata, per la situazione in Libano”.

Roma. Ha fatto bene il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, a dichiarare di essere “molto preoccupata, più che preoccupata, per la situazione in Libano”. Solo in parte la sua preoccupazione avrà a che vedere con i reportage del New York Times sull’esistenza di un nuova formazione qaidista siriana, denominata Khorasan e guidata da un ex stretto collaboratore di Osama bin Laden, il trentatreenne Muhsin al Fadhli (ancora non si sa se sia rimasto ucciso durante i raid aerei americani sulla Siria), intenzionata a estendere il suo raggio d’azione nel fragile territorio libanese già nel mirino di Jabhat al Nusra e, pur da fronti opposti, dello Stato islamico. Infatti molti sarebbero i dubbi che insistono sulla reale esistenza di un ramo siriano di Khorasan e sulla sua propensione operativa verso il Libano che, invece, insiste nel considerare lo Stato islamico come la principale minaccia per il paese e relega in secondo piano quella costituita da Jabhat al Nusra, ritenuta priva di mire territoriali e limitata allo scontro con Hezbollah. A detta di alcune fonti sentite dal Foglio, persino i mujaheddin dello Stato islamico e di al Nusra, rinchiusi nel carcere di Roumieh, a est di Beirut, avrebbero ironizzato sul gruppo Khorasan liquidandolo come “un’invenzione degli americani”.

 

Eppure, secondo il direttore dell’Intelligence nazionale statunitense, James Clapper, tale gruppo terrorista sarebbe attivo in Siria da circa un anno e in termini di sicurezza nazionale costituirebbe “un pericolo maggiore dello Stato islamico”, giacché i suoi sforzi sarebbero concentrati nel pianificare e realizzare attentati contro obiettivi americani ed europei. Lo Stato islamico, invece, sarebbe assorbito dalle operazioni di consolidamento del Califfato in Siria e Iraq. In buona sostanza, stante le dichiarazioni attribuite dal Nyt ad alcune fonti d’intelligence, per l’occidente le componenti qaidiste siriane, come Jabhat al Nusra e l’emergente Khorasan, potrebbero costituire un pericolo più immediato dello Stato islamico.

 

[**Video_box_2**]“In realtà – racconta al Foglio una fonte d’intelligence di stanza a Beirut – questo sorprendente mutamento da parte americana nel ritenere lo Stato islamico una minaccia meno immediata di Jabhat al Nusra e di Khorasan è il risultato dell’astuta strategia adottata da Teheran  per preservare il regime siriano di Bashar el Assad e il ruolo di Hezbollah in Siria e Libano, facendoli apparire come naturali alleati nella guerra contro il terrorismo anche di matrice qaidista, a cui è stato dato maggiore margine di manovra. Non è un caso, dunque, che il capo di Khorasan, Muhsin al Fadhli (già considerato nel 2012 dal dipartimento di stato americano il leader di al Qaida in Iran), provenga dall’Iran, dove si era rifugiato dopo l’inizio del conflitto in Afghanistan. Agitare, in Libano, lo spauracchio dei gruppi qaidisti come al Nusra e Khorasan, insieme a quello dello Stato islamico, sta consentendo a Hezbollah di ergersi a difensore delle minoranze, compresi cristiani e drusi, alla stessa stregua di Assad in Siria. Per cementare questo nuovo ruolo, inoltre, l’Iran e Hezbollah stanno fornendo segretamente informazioni d’intelligence ai servizi statunitensi. Ciò si sta verificando soprattutto in Libano, candidato a divenire dopo Siria e Iraq il terzo fronte dell’offensiva jihadista, dove Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita stanno aiutando l’esercito libanese con il beneplacito di Teheran e dei vertici del Partito di Dio”. Forse per questo di quanto sta avvenendo in Libano si parla poco o niente.

 

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