The giver

Annalena Benini

Si può diventare generosi per egoismo, ma non illudetevi di guarire subito dalla sciatica. E’ il paradosso della generosità (di tempo, di denaro, di azioni e pensieri): nell’essere gentili con gli altri si raggiunge uno scopo egoistico, cioè una personale contentezza, e perfino la buona salute.

Per essere felici bisogna essere generosi. E’ il paradosso della generosità (di tempo, di denaro, di azioni e pensieri): nell’essere gentili con gli altri si raggiunge uno scopo egoistico, cioè una personale contentezza, e perfino la buona salute.

 

Forse non lo sai, non ti importa, e non è certo quello il motivo per cui ti alzi ogni mattina alle sei e corri ad aiutare la tua vicina di casa, rimasta sola, a vestirsi e a fare colazione, ad aprire le finestre e cambiare l’aria, lo fai per lei, perché stia meglio, ma mentre lo fai lo senti, che stai meglio anche tu. La generosità è misteriosa, a volte ambigua, sfugge al controllo di sé e di chi la riceve (e un uomo davvero generoso non presta mai attenzione alla propria generosità e non la teorizza), ma ha effetti concreti, potenti, perfino pericolosi. Due sociologi americani hanno portato a termine il più grande studio sulla generosità mai compiuto (“The Paradox of Generosity”, di Christian Smith e Hilary Davidson), analizzando i comportamenti di duemila persone per cinque anni, intervistando e seguendo le abitudini di quaranta famiglie di diverse classi sociali in dodici stati americani, e anche accompagnando qualcuno a fare la spesa.

 

La percentuale di denaro regalata a chi ne ha bisogno non è mai proporzionata al reddito e alle possibilità di chi si spoglia di qualche soldo per gli altri, questo è il primo segnale del mistero che regola gli slanci, e della difficoltà di diventare generosi, quando ogni moneta perduta, ogni gentilezza senza possibilità di ricevere qualcosa in cambio fa l’effetto di una ferita che sanguina (ma i ricercatori sostengono che basta cominciare, anche soffrendo, anche imprecando, e ci si accorgerà, in poco tempo, che non è poi così male). Gli effetti della generosità sono dirompenti, secondo questo immenso studio: le persone che donano più del dieci per cento del loro reddito sono molto meno depresse di quelle che non osano offrire un caffè al bar per il terrore di impoverirsi o di finire fregati dagli scrocconi, e gli americani che si definiscono “molto felici” dedicano al volontariato quasi sei ore al mese (questioni di neurochimica del cervello, un senso di piacere per avere fatto qualcosa di buono).

 

[**Video_box_2**]I più infelici, lamentosi e stanchi, quelli per cui il cielo è sempre grigio e la strada è sempre piena di gente pericolosa, dedicano mezz’ora al mese alle altre persone. Non si tratta soltanto di cucinare alla mensa dei poveri una volta alla settimana, però, ma di “disponibilità emotiva”: le persone così hanno molte più probabilità di essere in ottima salute (48 per cento) rispetto a quelle che rispondono subito: “Non lo so” a chi chiede un’indicazione stradale. Ora, non è il caso di correre a regalare otto paia di pantaloni al clochard che sta seduto davanti alla fermata della metropolitana e aspettarsi di guarire dalla sciatica e dalla depressione. O di staccare un assegno per qualche associazione umanitaria e gridare: sono stato generoso, ammiratemi, vogliatemi bene, rendetemi felice. Se non si è pazzi si potrà facilmente capire che, come spiega questo studio, la generosità va praticata con un po’ di costanza. Non vale andare a donare il sangue e poi cercare di fregare l’eredità alla cugina e non aprire la porta a quello del piano di sopra che ha finito lo zucchero. Ci vuole allenamento per liberarsi da mister Scrooge. Ma la buona notizia è che si può diventare generosi per egoismo, cioè per l’estremo tentativo di essere felici.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.