Papa Francesco con Justin Welby (foto AP)

Prova a prendermi

Redazione

Fare footing e dubitare di Dio. Troppo, se sei il capo degli anglicani.

O Dio si è fatto molto vecchio, o certi prelati (questo, almeno stavolta, è anglicano) hanno messo nei polpacci alla Carl Lewis lo sprint che latita sull’altare: mica riesce a raggiungerli. Adesso è venuto fuori l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, che nella cattedrale di Bristol si è chiesto: “Ci sono dei momenti in cui pensi: c’è un Dio? E dove è Dio?” – roba che se per caso si trovava lì dentro qualche fedele, faceva prima a rimettersi il cappello e andare a casa. Non è tanto il dubbio del prelato sull’esistenza stessa, potremmo dire, del padrone di casa che lo ospitava. E’ il contesto dove la sorprendente riflessione ha preso forma, e che l’arcivescovo Welby ha rivelato, a dare un tocco surreale al quesito risuonato nella navata della cattedrale. Questo: “L’altro giorno stavo pregando mentre correvo e ho finito per dire a Dio: ‘Guarda, tutto questo va benissimo, ma non sarebbe ora che tu faccia qualcosa, se ci sei…’. Una cosa che probabilmente l’arcivescovo di Canterbury non dovrebbe dire”. Intanto l’ha detto. Ma ecco, il particolare che colpisce è, appunto, il contesto: “L’altro giorno stavo pregando mentre correvo…”.

 

Footing e devozione? Correre e pregare – e magari intanto masticare pure il chewing gum? Una siepe, una buca, una cacca di cane – e qualche riflessione direttamente dal Prayer Book? Dubbi, si sa, persino i più grandi mistici ne hanno avuti, nella Bibbia ce ne sono in bellissimi Salmi, pure Madre Teresa ha avuto dubbi – e del resto san Tommaso, che più o meno stava lì quando le cose succedevano, è diventato quasi l’archetipo di un modo di dire e di fare. Ma nel digiuno, ecco. Nella meditazione. Magari dopo qualche poco ficcante esercizio spirituale (i preti stessi, collaborano mica poco). Ma che la fiaccola del dubbio, in faccia a quella della fede, potesse accendersi durante il jogging, seppur arcivescovile, è cosa che ancora non si era mai sentita. “La cosa straordinaria di essere cristiani – ha poi spiegato l’arcivescovo Welby – è che Dio è fedele anche quando noi non lo siamo”. Opportuna (logica) spiegazione. Che poi lassù, da quelle parti, devono avere una pazienza… Però colpisce lo stesso la lieta confidenza del capo della chiesa anglicana col Capo (e basta): “Sarebbe ora che Tu…”. Ovviamente, Dio troverà modo di rispondere. Magari durante la prossima partita di squash con l’arcivescovo.

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