Il reporter inglese John Cantlie nel video diffuso dallo Stato islamico

Nuovo video dalla Siria

“Vi racconto a puntate il Califfato”, dice il reporter ostaggio di al Baghdadi

Daniele Raineri

Strategia della comunicazione cambiata. Cosa lega un medico di Londra ai rapiti e al comandante dello Stato islamico?.

Roma. Lo Stato islamico cambia completamente strategia di comunicazione e mostra al mondo il reporter inglese John Cantlie – ostaggio dal novembre 2012 – mentre annuncia una serie di video in cui sarà data al pubblico la versione dei fatti secondo il Califfato “e non secondo le manipolazioni dei media occidentali”. “So cosa state pensando – ammette Cantlie, giornalista anche per il Sunday Times, il Sun e il Sunday Telegraph – che sono un prigioniero, che mi hanno puntato una pistola alla testa e mi stanno costringendo a fare questo”, ma aggiunge che seguire le prossime puntate e considerare i fatti come saranno presentati “potrebbe salvare vite”, “mentre i vostri media vi trascinano verso l’abisso di un’altra guerra con lo Stato islamico”.

 

Il video era stato annunciato sui social network tre giorni fa ed è stato prodotto da al Furqaan, il reparto che si occupa di comunicazione e media dentro al gruppo di Abu Bakr al Baghdadi. Il livello tecnico, ma ormai non è una sorpresa, è professionale, con due telecamere fisse, sottotitoli in arabo, il prigioniero microfonato e altri dettagli. C’è una differenza di impostazione con i tre precedenti messaggi che finora hanno sfruttato la presenza di ostaggi occidentali e che si sono tutti conclusi con la loro decapitazione. Al Furqaan sta tentando un’operazione più sofisticata: un giornalista che parla in inglese a un’audience occidentale, tenta di lanciare una serie a puntate, “Join me for the next programs and I think you might be surprised at what you learn”, fa leva sulla repulsione generalizzata per le guerre in Iraq e in Afghanistan e anche sull’incertezza del suo fato: “Potrei vivere come potrei morire”. Il gruppo prende anche di mira l’unità dei governi occidentali che partecipano alla coalizione: “Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non trattano per i loro ostaggi e tutti gli altri paesi sì”, dice il reporter.

 

La sorte di Cantlie fino a ieri era coperta da un cosiddetto “black out” giornalistico, per facilitare il suo rilascio. L’inviato inglese è stato rapito due volte a distanza di pochi mesi e la sua storia rivela l’intreccio tra insospettabili volontari londinesi del jihad con passaporti occidentali, i gruppi in Siria e il comandante dello Stato islamico, Abu Bakr al Baghdadi. Nel luglio 2012 i ribelli siriani nella zona di Atmeh, vicino al confine turco, raccontarono direttamente al Foglio che era in corso una massiccia operazione di ricerca di due giornalisti, finiti in mano a un gruppo di jihadisti in maggioranza stranieri. La campagna ebbe successo – allora quei ribelli erano più forti dei jihadisti – e i due furono liberati. Uno era Cantlie, e rivelò che tra i suoi carcerieri c’erano almeno 15 inglesi e tra loro anche un medico del servizio sanitario nazionale, Nhs, che lavorava in un ospedale di Londra ed era in vacanza in Siria per combattere “in nome dell’islam”. Il giornalista aveva tentato la fuga, gli avevano sparato raffiche di mitra, era stato ferito a un braccio, lo avevano ricatturato e curato con equipaggiamento medico chiaramente marchiato “Nhs”, in attesa di una possibile esecuzione. Dopo la liberazione e il suo ritorno in Gran Bretagna, l’intelligence inglese si era molto interessata al caso e a ottobre aveva trovato e arrestato il medico: il londinese di origine pachistana Shajul Islam, aiutato nei suoi viaggi dai due fratelli. Il processo contro i tre è finito nel nulla nel novembre 2013, perché il principale testimone d’accusa non si è presentato: era Cantlie. L’intelligence inglese sospetta che i “Beatles”, il gruppo di rapitori e carcerieri inglesi che fa parte dello Stato islamico e ha ucciso davanti alle telecamere James Foley, Steven Sotloff e David Heines, sia collegato a quei “pionieri” inglesi e al loro campo siriano sul confine turco.

 

E il legame con Abu Bakr al Baghdadi? Il dottore inglese faceva parte del primo nucleo che poi ha fondato lo Stato islamico ad Aleppo, comandato da Firas al Absi, siriano con un passato in Afghanistan e Arabia Saudita. Al Absi a luglio 2012 aveva issato la bandiera nera dello Stato islamico sul valico di Bab al Hawa, facendo spaventare i turchi, che per 22 giorni bloccarono il passaggio di armi e munizioni, e scatenando l’ira dei gruppi ribelli. Al Absi fu ucciso e gettato in un fosso a settembre. Suo fratello, Amr al Absi, che combatteva a Homs, arrivò e prese il comando del gruppo di jihadisti (tra cui i vacanzieri inglesi). Uccise per vendetta il comandante ribelle considerato responsabile della morte di Firas, e poi andò in Iraq, da Abu Bakr al Baghdadi, a offrirsi come sua nuova fazione di fedelissimi in Siria. Con il nome di Abu Atheer sarà poi ricompensato diventando “Wali”, governatore, di Aleppo per lo Stato islamico nel 2013. A novembre 2012 Cantlie, tornato in Siria, fu rapito una seconda volta e ora è di nuovo in mano ai sequestratori inglesi.

 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)