Alba Rohrwacher premiata con la Coppa Volpi (foto LaPresse)

Due Leoni che siam contenti, mejo la cialtrona Gainsbourg di Alba smorta

Anselma Dell'Olio

Il film del piccione, come il vincitore di Cannes 2013 fu il film delle lesbiche. Eppure “La vita di Adele” era più facile da ricordare di “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”. Roy Andersson, poi. E chi lo aveva mai sentito nominare?

Il film del piccione, come il vincitore di Cannes 2013 fu il film delle lesbiche. Eppure “La vita di Adele” era più facile da ricordare di “A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence”. Roy Andersson, poi. E chi lo aveva mai sentito nominare? Il Leone d’oro 2014 è sfuggito finora agli spettatori italiani, ignari dei primi due capitoli della trilogia “on being an human being”, sull’essere un essere umano (volendo abbondare in informazioni inutili, i titoli erano “Songs of the Second Floor” e “You, The Living”, sull’uscita nei cinema italiani si accettano scommesse, il piccione ancora non ha un distributore).

 

Lo svedese Roy Andersson ha un mondo e un linguaggio per raccontarlo (si può dire lo stesso, al netto delle affettuosità giornalistiche, di Maurizio Milani). I suoi quadri viventi, composti con ammirevole precisione, mostrano vecchiette che sul letto di morte tengono stretta la borsa con i gioielli (i figli son lì per strapparla) o mariti che mentre la moglie cucina al suono di un valzerino schiattano in tinello lottando con il cavatappi. Lotte la Zoppa ha una taverna, offre grappe ai giovanotti in cambio di baci. Due depressi venditori di scherzetti hanno in campionario sacchetti che ridono e denti da vampiro, normali e extralunghi.

 

[**Video_box_2**]Dio sta nei dettagli anche per Andrej Konchalovskij (fratello del russo-sempre-in piedi Nikita Michalkov, che dal 1975 gira film sotto tutti i regimi). “Le notti bianche del postino”, premiato con il Leone d’argento, è una commedia grottesca e deadpan. Non è una fitta di nostalgia per la Russia che fu, meno che mai un film da celebrare per i suoi risvolti ecologici. Sono poveracci con un solo paio di ciabatte, peraltro in pura plastica, una mutanda nera e una maglietta a righe, i bicchieri scompagnati sulla tovaglia cerata con i coniglietti. Due premi azzeccati, che aiutano a sopportare la Coppa Volpi come migliore attrice a Alba Rohrwacher, pallida madre che affama il suo piccino in “Hungry Hearts” di Saverio Costanzo. Il trionfo dell’“intensa interpretazione”, sciagura del cinema italiano.
Mariarosa Mancuso

 

Targa Sciabèc* a Charlotte Gainsbourg in “Trois coeurs”; passano mesi, anni e continenti e lei è sempre negli stessi stracci: jeans, palandrana nera, camicetta bianca trasparente e brassière nera. Irreperibile in occidente un reggipoppe bianco. (*Cialtrona in biscegliese). Osella Sedotti e Abbandonati, a Venezia 71. Dopo due film orgasmici (“Birdman”, “She’s Funny That Way”) il concorso n. 1 si è sgonfiato con film decenti o mediocri che provocavano sbadigli, non liti furiose, élan vital di un festival. Targa Adulatori Nati agli italiani spargimelassa giulivi, per la smisurata moltiplicazione di premi, alla Mostra e in tutto lo Stivale: l’economia è stitica, i premi hanno il corri-corri. Targa I Don’t Think So a “Good Kill” (Venezia 71) trama manichea architettata per suscitare indignazione morale per i droni Usa in medioriente. Contro i decapitatori con video-vanto in internet, usiamo i guanti bianchi? Coppa Split-Personality ai giornalisti in Sala stampa: all’annuncio della Coppa Volpi a Alba Rohrwacher sono esplosi in un boato di “buuuh!”, poi nei pezzi si sdilinquiscono per “l’intensa interpretazione”. Viva l’Italia. Trofeo Split Decision per “The Cut”; al film sul genocidio armeno si è scissi tra orrore per un massacro realmente accaduto, e pena per l’accademismo didattico di Fatih Akin, turco-tedesco. Meglio che lo uccidano i critici anziché fanatici negazionisti turchi; al confronto il poco amato “La masseria delle allodole” dei Taviani era un capolavoro. Premio Somari ai cinefili al Lido: agli eventi in onore dei maestri cineasti Frederick Wiseman (premi a schiovere) e Thelma Schoonmaker (da 40 anni montatrice di Scorsese, 3 Oscar) c’erano sparuti festivalieri a omaggiarli. Giovani attori cui si consiglia il doc su Robert Altman rispondono smarriti: “Chi?”. Premio Ipazia a Luisa Ranieri; alla premiazione, in tunica nera e treccine attorcigliate sul capo, pareva pronta per interpretare la filosofa greca del 300. Premio Pompieri 2 a Alba Rohrwacher in “Hungry Hearts”. Il suo hipster chic spinto so cool (abitino di seta con scarpe basse stringate color valigia e calzini corti, abitino-salopette, blabla) e l’espressione “Son-tanto-fragile-non-farmi-male”, fan venir voglia di appiccarle il fuoco. La titolare è Sofia Coppola, ma non fa l’attrice. Pala Six Feet Under a Sabina Guzzanti: dove si sarebbe dovuta seppellire da tempo la Moralista in Capo, sputtanata per sempre dagli investimenti corposi persi con il Madoff dei Parioli che prometteva improbabili interessi alti, débâcle in cui ha trascinato la famiglia. Invece Rosemary’s Baby gira “La trattativa”, sputando fuoco contro l’Amor Nostro e tanti altri, dopo essersi fatto finanziare e distribuire “Bimba” e “Le ragioni dell’aragosta” da Medusa. E Barbera la ospita alla Mostra. Se vedemo a Roma.

Anselma Dell'Olio

Di più su questi argomenti: