Matteo Renzi (foto LaPresse)

Scontentare i poliziotti

Numeri e tesi di Renzi per respingere certi toni da “pronunciamento”

Marco Valerio Lo Prete

Blocco degli stipendi: ragioni e privilegi delle forze di sicurezza, tra tagli lineari e piano Cottarelli. Bye bye Cernobbio. “Non si protesta contro lo stato”.

“Io non credo che chi governa debba necessariamente scontentare”, aveva detto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in apertura di settimana, intervistato dal Sole 24 Ore. Tempo cinque giorni, e la versione “blanda e populista” del renzismo (copyright: Luca Ricolfi, sulla Stampa), ha dovuto cedere il passo alla versione “radicale e a suo modo aristocratica” dello stesso renzismo (incarnata per Ricolfi dalle dichiarazioni del sindaco fiorentino Dario Nardella a questo giornale: “Per far vincere il paese qualche volta occorre muoversi sfidando il vento”). Ieri infatti Renzi, al termine del vertice della Nato nel Regno Unito, ha così risposto a una domanda sul possibile sciopero delle Forze dell’ordine per protestare contro il blocco degli stipendi della Pubblica amministrazione: “Se i toni sono di ‘protesta contro lo stato’, penso non ci sia spazio per discutere. Non siamo disponibili a ricevere il tono del ricatto da rappresentanti sindacali che così danneggiano chi indossa la divisa”.

 

Un inedito sciopero generale, quello minacciato due giorni fa dai sindacati nazionali di polizia, polizia penitenziaria, corpo forestale, vigili del fuoco e Cocer (consiglio centrale di rappresentanza) di esercito, marina, aeronautica, guardia di finanza e carabinieri, se i loro stipendi continueranno a subire la stessa sorte di quelli di tutti i 3,4 milioni di dipendenti pubblici, subendo anch’essi un blocco dei rinnovi contrattuali come avviene oramai dal 2010. Renzi ha ammesso che “c’era una discussione aperta” con loro, quantomeno per rivedere il “tetto salariale” nel comparto sicurezza, cioè la mancata corresponsione degli emolumenti connessi alle progressioni di carriera che comunque sono avvenute dal 2010 a oggi. Adesso però il tavolo si riaprirà soltanto se cadranno gli ultimatum.

 

[**Video_box_2**]Renzi, che en passant ha anche detto di preferire per stamattina l’inaugurazione di una rubinetteria a Brescia piuttosto che il forum Ambrosetti di Cernobbio, è convinto di avere almeno due carte da giocarsi nel confronto che durerà fino alla scrittura della Legge di stabilità. La prima ha cominciato a calarla tramite un informato retroscena di ieri sul Corriere della Sera, ed è la carta “accorpamento”. Bestia nera degli oltre 500 mila appartenenti alle forze di sicurezza, suddivisi in sei diverse e autonome forza di polizia (polizia, polizia penitenziaria, guardia forestale, carabinieri, guardia di Finanza e guardia costiera), senza contare la polizia municipale e quella provinciale (il totale arriva a otto), spesso in competizione l’una con l’altra. “Un unicum in Europa”, dice un parlamentare vicino a Renzi. Parlare di “accorpamento” potrebbe diventare la conditio sine qua non per trattare con chi minaccia lo sciopero. La seconda carta da giocare, potenzialmente ancora più decisiva, consiste nel contrapporre i protestari con “l’uomo qualunque”: “Il nostro primo sforzo – ha detto ieri Renzi riferendosi allo sgravio di 80 euro per i redditi più bassi – va verso chi un lavoro non ce l’ha, e non verso chi è garantito nel proprio lavoro”.

 

D’altronde le forze di sicurezza, come tutti i dipendenti della Pa, hanno vissuto per anni in una “bolla”: zero valutazione del proprio operato, zero tagli di stipendio, zero licenziamenti, mentre nel resto nel paese il tasso di disoccupazione saliva alle soglie del 13 per cento (senza contare i cassintegrati). I dati della Banca d’Italia sulle retribuzioni lorde reali per unità di lavoro dipendente parlano chiaro: per tutti gli anni 2000 gli stipendi nel settore pubblico sono saliti anche più dell’inflazione, arrivando a 32.654 euro nel 2009, prima che iniziasse la crisi, salvo poi flettere in media fino a 30.494. Il dipendente medio italiano era arrivato a  25.195 euro nel 2009, salvo scendere a 24.677 nel 2013. Il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, sostiene che dal 1980 a oggi, fatto “1” uno stipendio medio del settore privato, lo stipendio del dipendente della Pa è in media “1,28”. Le categorie “Forze dell’ordine” e “Militari-sicurezza”, secondo l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni), nel 2013 hanno livelli retributivi più alti della media generale, rispettivamente del 25,3 e del 18,5 per cento, se si considerano impiegati e quadri. Sempre per Cottarelli, in Italia ci sono 466 unità di polizia ogni 100 mila abitanti, più di Francia (312) e Germania (298). Insomma, anche se non si tenesse conto dei 400 dirigenti apicali dei carabinieri (che per Roberto Perotti, economista e consulente del governo, percepiscono quasi 110 mila euro in media), dei 1.187 dell’esercito (98 mila euro) e via dicendo, sarà difficile argomentare che il congelamento degli stipendi attuali – soprattutto in regime di inflazione che ormai s’avvicina allo zero – sia un’ingiustizia senza pari. Anche perché Renzi avrà di fronte quelli che restano gli unici “esentati” dalla riforma più radicale degli ultimi anni, quella del ministro Elsa Fornero sulle pensioni.

Di più su questi argomenti: