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Il brusco risveglio della Nato

David Carretta

Sono passati nove mesi dai primi segnali delle vecchie o nuove minacce che l'Alleanza si ritrova a fronteggiare, ma solo ieri la Nato è uscita dal sonno, e dal sogno di potersi disimpegnare dal resto del mondo, nell’illusione che il ritiro da Iraq e Afghanistan avrebbe portato la pace.

Bruxelles. Sono passati nove mesi dai primi chiari segnali delle vecchie o nuove minacce che la comunità transatlantica si ritrova a fronteggiare, eppure solo ieri i leader della Nato sono usciti dal loro sonno, e dal sogno di potersi disimpegnare dal resto del mondo, nell’illusione che il ritiro dall’Iraq e dall’Afghanistan avrebbe automaticamente portato la pace. L’immagine più lucida che sintetizza lo stato della Nato, nel momento in cui la Russia pone ultimatum all’Ucraina e lo Stato islamico decapita giornalisti americani, è stata raccontata dalla Bbc: un ufficiale dell’esercito afghano, che avrebbe dovuto portare la bandiera durante la cerimonia inaugurale del summit di Newport ieri, era scomparso. Era andato a chiedere asilo al governo inglese per fuggire dall’Afghanistan. Il vertice dell’Alleanza in Galles doveva celebrare la fine della missione militare Isaf, con cui la Nato si è impegnata per oltre un decennio a ricostruire il paese, ma la partenza dell’Alleanza dall’Afghanistan – in primis dell’America – fa temere agli afghani uno scenario analogo all’Iraq: conflitti tribali e settari, guerra civile e ritorno in forza dei jihadisti. Lo Stato islamico ha conquistato Falluja il 6 gennaio di quest’anno, sfruttando l’inazione americana in Iraq e Siria. L’inazione degli europei – le incertezze di fronte all’aggressività di Vladimir Putin nel novembre 2013 per impedire la firma dell’Accordo di associazione con l’Unione europea e le deboli sanzioni dopo l’annessione della Crimea – ha permesso alla Russia di creare un conflitto in Europa. Il costo non è solo in termini di vite umane e prestigio politico. Il costo finanziario e militare della rimobilitazione è più alto di nove mesi fa, sempre che l’Alleanza faccia ciò che i suoi leader promettono.

 

“Oggi la Nato è vitale per il nostro futuro come non lo è mai stata”, hanno scritto sul Times il presidente americano, Barack Obama, e il premier britannico, David Cameron. Qualcuno pensava che dopo la fine della Guerra fredda “una nuova èra di pace e prosperità avrebbe reso la grande alleanza di sicurezza (che è la Nato) meno rilevante”. Invece, “la Russia punta la pistola contro l’Ucraina”, mentre “gli estremisti islamici commettono spregevoli assassinii”. Per il duo Obama-Cameron, “quelli che vogliono adottare un approccio isolazionista sottovalutano la natura della sicurezza nel XXI secolo” perché, che si tratti di una “aggressione regionale senza risposta” come quella russa in Ucraina o “della prospettiva di combattenti stranieri che ritornano dall’Iraq e dalla Siria” come le reclute dello Stato islamico, “i problemi che abbiamo di fronte minacciano la sicurezza dei cittadini britannici e americani, e del resto del mondo”. Sul fronte orientale, il principale risultato del summit è una “forza di reazione rapida” di 4 mila uomini, pronta a essere dispiegata in caso di minaccia dalla Russia. Su quello meridionale, il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha detto che l’Alleanza prenderà in “seria considerazione” una eventuale richiesta di aiuto dell’Iraq per combattere lo Stato islamico.

 

Il florilegio di buone intenzioni comprende armi britanniche alle milizie peshmerga del Kurdistan iracheno, possibili bombardamenti della Royal Air Force al fianco degli americani in Siria, rassicurazioni sull’articolo 5 per i membri dell’est europeo, la decisione francese di sospendere la fornitura di una nave d’assalto Mistral alla Russia, un rafforzamento delle sanzioni europee contro Mosca, esercitazioni comuni in Ucraina, un pacchetto di cooperazione per avvicinare l’adesione della Georgia. Il risveglio tardivo ha un costo politico e finanziario. A Newport sono ricomparsi i manifestanti al grido di “No new war, No Nato”. L’opinione pubblica britannica è contraria a un coinvolgimento militare contro lo Stato islamico e Cameron è a un anno dalle elezioni. La Francia rischia una penale di 1,2 miliardi di euro per la mancata consegna del Mistral. Bruxelles teme le controsanzioni di Putin che, dopo l’embargo su prodotti agricoli e alimentari di provenienza Ue, potrebbero aggravare la crisi economica europea. Ma il pericolo – avvertono diplomatici e analisti – è che sia troppo poco e troppo tardi, perché manca una determinazione degli alleati sulle grandi scelte strategiche.

 

Il piano di pace presentato da Putin per l’Ucraina, in fase di approvazione oggi dalle parti, prevede un congelamento del conflitto, che impedirebbe al paese di scegliere il suo futuro. “Accettarlo sarebbe come capitolare, ma ci sono poche alternative: nessuno vuole fornire armi a Kiev per difendersi”, spiega un diplomatico. “Se la Russia non sarà fermata in Ucraina, presto o tardi avremo l’aggressore vicino alle nostre frontiere”, ha avvertito la presidente della Lituania, Dalia Grybauskaite. Ma Germania, Francia e Italia hanno posto il veto alla creazione di basi permanenti Nato nei paesi baltici o in Polonia. Sullo Stato islamico, subappaltare la controffensiva ai peshmerga è una soluzione comoda per continuare a non avere una strategia. La maggior parte dei membri Nato non rispetta la promessa di spendere almeno il 2 per cento di pil per la Difesa. Nel frattempo, nominando il norvegese Jens Stoltenberg come successore di Rasmussen il prossimo mese, l’Alleanza si è scelta un leader più conciliante. Per sapere se la Nato avrà un futuro non basta un summit a Newport.