Rigenerazione tecnologica (foto tratta da www.charlottemaryrose.com)

La cura digitale

Antonio Pilati

Dalla tecnologia alla finanza, passando per i consumatori, perché oggi esistono le condizioni per uno sconvolgimento di sistema che ci scrolli la crisi di dosso. Da 40 anni il fattore trainante dell’innovazione è lo schema digitale che ha rivoluzionato la circolazione delle conoscenze.

Sta forse arrivando a un decisivo punto di svolta l’attuale sviluppo della tecnologia. Da 40 anni il fattore trainante dell’innovazione è lo schema digitale che ha riorganizzato da cima a fondo, migliorandone a dismisura l’efficienza operativa, la circolazione delle conoscenze: produzione, distribuzione, accesso e consumo, stoccaggio e memoria. Come a fine Ottocento l’elettricità, che agevola e rende capillare la distribuzione di energia, anche quella digitale è una tecnologia general purpose: si applica in svariati processi produttivi e in molteplici contesti d’uso. In quanto le conoscenze formano la struttura costitutiva di ogni attività, la tecnologia che ne ridefinisce i moduli operativi non ha limiti di applicazione.

 

Fino a oggi il potenziale dello schema digitale si è manifestato lungo due principali linee di sviluppo: la prima, più evidente e caratteristica, ha investito i consolidati mercati che organizzano la vendita sia di contenuti cognitivi sia di operazioni per la loro trasmissione (telecomunicazioni, televisione, musica, editoria, cinema); la seconda direttrice di sviluppo si è applicata invece alle strutture organizzative (modi di produrre, forme distributive, tecniche di controllo) dei business che vendono oggetti e strumenti ovvero servizi con rilevanti implicazioni materiali.

 

Nei mercati dei contenuti cognitivi la tecnologia digitale ha soprattutto creato nuovi prodotti e servizi, dalle maps all’e-book dai tablet ai social network; inoltre ha rimodellato, nei processi operativi e nelle strategie commerciali, le attività già esistenti che guadagnano in efficienza e qualità: in ciascuna di esse migliora l’utilizzo delle risorse fisiche e quindi si accorciano i tempi di esecuzione, si moltiplicano le prestazioni, si perfezionano gli standard. Ora è prossima un’ulteriore frontiera dell’innovazione che avrà per centro l’assetto stesso dei mercati, da anni stabili nel loro impianto tradizionale: il grande fattore di cambiamento sarà la capacità ristrutturante – e quindi la spinta espansiva – degli operatori di Internet. Specializzati nel creare algoritmi che combinano in costellazioni mirate il debordante spettro di cognizioni diffuso in rete, gli Over the Top (Ott, quindi imprese prive di una propria infrastruttura e che in tal senso agiscono al di sopra delle reti, ndr) come Google e Apple ricomprendono nella propria sfera d’azione i vari mercati dei contenuti e, a spezzoni, li riclassificano per creare nuove utilità (e relativi servizi) a basso costo: le chiamate telefoniche sono risucchiate nel modello Skype, gli sms diventano un’app semigratuita, l’editoria è riconfigurata dai criteri Amazon, l’industria della musica non è più la stessa dopo iTunes, i broadcaster sono minacciati da YouTube e dall’attrattiva pubblicitaria di Google o dei social network. Nella loro espansione gli Ott fanno leva, quasi in esclusiva, su tre grandi vantaggi competitivi: danno accesso a un’enorme quantità di contenuti cognitivi; rendono consumabili le conoscenze in modo rapido e facile (in forma gratuita o con costi addossati alla pubblicità); accumulano dati preziosi su gusti individuali e comportamenti di consumo.

 

Le imprese nate nei tradizionali mercati dei contenuti reagiscono aumentando per lo più la scala degli investimenti: le società tlc si estendono nella distribuzione dei contenuti e cercano, spesso concentrandosi, di ampliare molto la gamma delle offerte; gli editori – dell’immagine, del suono, della parola – potenziano la difesa della proprietà intellettuale e soprattutto aumentano la qualità spettacolare della produzione.

 

Si definisce così il grande tema dei prossimi anni: lo scontro tra la spinta di ricomposizione degli operatori di internet e le strategie di contrattacco degli editori e degli specialisti della connessione. Si prevede una spirale di rilanci le cui risorse, oltre alla dotazione finanziaria, saranno la capacità di anticipare le propensioni del pubblico e l’abilità nel modellare, attraverso nuove combinazioni di prodotti/servizi, i comportamenti di consumo.

 

La seconda linea di sviluppo dell’innovazione si applica al mondo materiale e costituisce in certo modo l’estrinsecazione di alcune infrastrutture di conoscenza, quasi una loro materializzazione entro il mondo fisico. Anche in quest’ambito si manifesta un salto di livello: dal piano della ricomposizione organizzativa, su cui finora si era focalizzata, la spinta innovativa dello schema digitale passa alla creazione di nuovi prodotti e servizi da introdurre su larga scala nella vita sociale: attraverso l’analisi, l’isolamento e la razionalizzazione operativa delle componenti cognitive che strutturano sistemi di attività complessi la tecnologia digitale disegna funzioni nuove – impraticabili nella configurazione materiale del passato – che facilitano l’interazione personale con il mondo esterno (l’auto senza pilota, l’internet delle cose), migliorano le capacità di controllo sia verso il proprio corpo sia verso l’ambiente (i dispositivi wearable, i kit diagnostici sempre più sofisticati), danno accesso a inediti strati di esperienza (Google glass). Su un piano più ampio la crescente capacità di elaborazione, gestione e analisi delle conoscenze offre prospettive a imprese cruciali per il futuro, come la conquista dello spazio o l’esplorazione del genoma, che a lungo si erano bloccate per la grande complicazione operativa o per l’eccesso dei costi.

 

 

Oggi, soprattutto nel mondo sviluppato, l’economia ristagna non solo per motivi endogeni ma anche perché da tempo mancano in offerta funzioni capaci di dare nuova intensità alla vita quotidiana e di scatenare le passioni di chi acquista: in fondo Facebook (2004) e iPhone (2007) sono state le ultime innovazioni dirompenti e capaci di accendere la fantasia del mercato. Il debito, che ha diffuso sfiducia e costretto le società occidentali sulla difensiva, ha certamente asciugato nei consumi le aspettative di novità e ridotto la propensione a sperimentare; peraltro negli ultimi anni l’innovazione legata allo schema digitale sembra essersi concentrata, più che nell’ambito dei consumi di massa, in settori strutturati – finanza, logistica, attività militare – che hanno vissuto una sorta di rivoluzione uscendone non solo potenziati ma anche accresciuti in flessibilità e raggio operativo. Ora sono raccolte tutte le condizioni tecnologiche per rivitalizzare l’offerta sui mercati di massa e portarla a un salto dimensionale: c’è ormai un grande accumulo di know-how digitale e la sua distribuzione si addensa in settori sensibili: l’esplorazione degli spazi, il potenziamento delle reti di connessione cognitiva, lo sviluppo degli strumenti di mobilità sono stati negli ultimi cinque secoli i fattori (e i luoghi) che hanno segnato l’ascesa dell’occidente.

 

In giro per il mondo la liquidità non manca e forse nella mente dei potenziali consumatori – over 60 che vogliono migliorare la qualità dell’esistenza o under 30 nati digitali e motivati a riclassificare segmenti sempre più larghi della propria vita – sta per risvegliarsi la spinta a sperimentare. L’uscita dalla crisi, in fondo, non può prescindere dagli sconvolgimenti che porta la tecnologia.

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