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Due idee fiscali per il governo (a costo zero) per mobilitare le risorse private

Andrea Tavecchio

Negli ultimi tempi il tono della discussione sulla crisi italiana, che dura da sette lunghissimi anni, ha preso una direzione quasi unanime. Non è più sufficiente l’ordinaria amministrazione ci vuole una terapia d’urto.

Negli ultimi tempi il tono della discussione sulla crisi italiana, che dura da sette lunghissimi anni, ha preso una direzione quasi unanime. Non è più sufficiente l’ordinaria amministrazione ci vuole una terapia d’urto. Le soluzioni proposte sono tante. Accanto a ricette più classiche – ma troppe volte rimandate – come una riduzione significativa delle imposte su chi produce reddito accompagnata da una seria spending review e da una modernizzazione dei contratti di lavoro sulla scia delle proposte del senatore Ichino, si comincia a leggere, finalmente, sia delle necessità di intervenire – con modalità simili a quanto già avvenuto in altri paesi Europei – sulle sofferenze bancarie sia di mobilitare centinaia di miliardi di euro facendo leva sul patrimonio pubblico. Tutte ipotesi da realizzare al più presto, senza ulteriori indugi anche perché queste manovre, come ricordato anche dal ministro Padoan, ci mettono almeno diciotto mesi per dare dei frutti visibili. Non c’è tempo da perdere.

 

Quello di cui si discute ancora poco è di come mobilitare le risorse private. In Italia bisogna cambiare marcia nel rapporto tra fisco e contribuente, l’obiettivo deve essere far pagare le tasse, ma senza bloccare i consumi e gli investimenti. Qui di seguito due proposte. Il governo si impegni perché l’ordinamento tributario italiano si doti di una norma, di rango costituzionale, che riconosca il principio della certezza dei rapporti giuridici in materia fiscale, rafforzando i principi di irretroattività e di affidamento previsti dallo Statuto del contribuente. La seconda proposta è modificare il modello Unico delle persone fisiche – inserendo nella dichiarazione dei redditi anche la situazione patrimoniale – come accade in molti altri Paesi occidentali. Dalla dichiarazione dei redditi si deve poter confrontare, anno per anno, il reddito netto dichiarato con le dotazioni patrimoniali esistenti.

 

In questo contesto, di maggiore certezza nel rapporto fisco – contribuente e con una dichiarazione dei redditi finalmente moderna il Governo potrebbe impegnarsi, per chi pagasse un contributo straordinario, ad accorciare i termini di accertamento sulle persone fisiche.

 

Sarebbe una riforma fiscale non depressiva, anzi, farebbe gettito e modernizzerebbe – in modo duraturo – il rapporto tra Fisco e Contribuente.

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