Il premier uscente, Nuri al Maliki (Foto Ap)

L'Alta Corte irachena dà il via libera al terzo mandato di Maliki

Redazione

Si teme però il golpe del premier uscente che schiera le sue truppe a Baghdad. Gli Usa: "I raid non basteranno per sconfiggere lo Stato islamico". Mogherini propone di armare i pesh merga curdi.

L'Alta corte dell'Iraq apre a une terzo mandato del premier uscente Nuri al Maliki. Secondo il tribunale, il leader sciita, dopo le passate elezioni, ha la maggioranza adeguata per essere incaricato dal presidente di formare un nuovo esecutivo. In mattinata si era diffusa la notizia secondo cui il blocco dei partiti sciiti che si opponevano a Maliki avevano trovato un accordo nelle ultime ore per un nuovo premier, Haider al Abadi, vice portavoce del Parlamento di Baghdad. L'annuncio dato dallo stesso Abadi via Twitter aveva creato ulteriore tensione a Baghdad. Maliki aveva infatti ribadito di non avere alcuna intenzione di fare un passo indietro, sebbene fosse stato accusato di adottare politiche settarie e discriminatorie verso le minoranze (mettendo così in crisi l'alleanza con gli Stati Uniti). In un discorso televisivo, Maliki aveva ripetuto che la carica di premier gli spettava di diritto. Poche ore dopo, secondo Abadi, Maliki avrebbe ordinato alle forze speciali a lui fedeli di occupare i punti strategici di Baghdad. Il Presidente iracheno Fouad Masoum aveva fatto slittare la scadenza per la nomina del nuovo primo ministro, e Maliki lo aveva minacciato di fare ricorso alla Corte Suprema accusando Masoum di aver violato la Costituzione. Si era quindi diffuso il sospetto che Maliki stesse organizzando un golpe, tanto che le guardie che proteggono la Green Zone, il quartiere dove sorgono i palazzi delle istituzioni, erano state messe in allerta. Dopo la sentenza dell'Alta Corte, ora, lo scenario potrebbe mutare nuovamente con il presidente Masoum vincolato costituzionalmente a nominare Maliki, malvisto dai sunniti e soprattutto dagli Stati Uniti.

 

Per Washington, infatti, la soluzione del caos in cui versa il paese deve essere politica. Finché non si creerà un nuovo governo e un primo ministro non sarà nominato, secondo Obama, l'Iraq non potrà attuare politiche inclusive. Intanto, grazie all'intervento militare statunitense in Iraq, i combattenti curdi sono riusciti a sferrare un contrattacco contro lo Stato islamico riconquistando due cittadine strategiche nel nord del paese. Una di queste, Gwer, è tornata sotto il controllo dei pesh merga, i combattenti curdi, poco dopo uno dei bombardamenti americani che hanno distrutto la postazione di un mortaio e alcuni mezzi blindati. I curdi hanno inoltre conquistato la cittadina di Mahmour, a mezz'ora di strada da Erbil, la capitale del governatorato curdo minacciato dall'avanzata dei jihadisti.

 

Anche sul monte Sinjar, dove la minoranza yazida è stata costretta a fuggire per via del massacro perpetrato dallo Stato islamico, i bombardamenti americani hanno portato a effetti positivi. Dopo cinque raid aerei, i pesh merga sono riusciti a scortare gli yazidi fino alla cittadina curda di Fishkhabour, al confine con la Siria. Tuttavia, come hanno specificato dalla Casa Bianca, i bombardamenti di questi giorni, così come quelli che seguiranno, difficilmente potranno creare un corridoio umanitario sicuro per permettere una via di fuga alle decine di migliaia di yazidi ancora intrappolati sulle montagne. "Si tratta di una missione focalizzata, non di una vasta campagna militare", ha tenuto a specificare il Tenente Colonnello Ed Thomas, portavoce dello Stato maggiore americano. "I nostri obiettivi sono limitati", ha aggiunto facendo capire che lo Stato islamico non potrà essere sconfitto dai raid aerei. 

 

Gli Stati Uniti potrebbero inoltre fornire ai pesh merga curdi armi e munizioni per continuare la controffensiva contro lo Stato islamico. La notizia, riportata dall'Associated Press, non è stata smentita dalla Casa Bianca. "Non possiamo andare nel dettaglio. Abbiamo molte alternative allo studio in questo momento", ha riferito in merito un funzionario dell'Amministrazione Obama. L'Italia nel frattempo ha chiesto all'Alto rappresentante della politica estera europea, Catherine Ashton, di convocare con urgenza un Consiglio dei ministri degli Esteri dell'Ue per affrontare la crisi in Iraq, quella libica e quella di Gaza. "Siamo contro qualsiasi intervento armato in Iraq", ha detto il ministro Federica Mogherini, "ma l'Ue dovrebbe fornire ogni tipo di assistenza e aiuto ai curdi" per arrestare l'avanzata dello Stato islamico.