Il suicida (dal ridere) cambio di look dei politici coreani Topolino style

Giulia Pompili

Qualche giorno fa i leader del partito conservatore della Corea del sud hanno presentato la nuova divisa dei militanti: scarpe da running rosse, pantaloncini bianchi, il numero UNO stampato in rosso sulla polo bianca, calzettoni ben visibili sul polpaccio.

    L’effetto è quello dell’uomo con l’amante giovane che indossa abiti inadatti alla sua età, oppure – come notavano sul Wall Street Journal Jaeyeon Woo e Alastair Gale – quello di una partita di tennis tra pensionati. Il fatto è che il rinnovamento di stile del Partito Saenuri, il partito conservatore della Corea del sud attualmente al governo con la presidente Park Geun-Hye, è una delle operazioni meno riuscite e più esilaranti della storia politica sudcoreana. Qualche giorno fa i leader di partito hanno presentato la nuova divisa dei militanti: scarpe da running rosse, pantaloncini bianchi, il numero UNO stampato in rosso sulla polo bianca, calzettoni ben visibili sul polpaccio. Ma il tocco di stile, quello che ha suscitato l’ilarità del web, sono stati i copricapo. Quattro cappelli diversi per quattro divise diverse: un berretto da baseball, una bombetta alla Charlie Chaplin, un cappello da cowboy, un paio di orecchie da Topolino. Tutti rigorosamente rossi.

     

    Le nuove uniformi avrebbero dovuto rendere più simpatico il volto dei conservatori in vista del voto di ieri in Corea del sud, elezioni previste per eleggere quindici parlamentari, non determinanti a livello nazionale ma un pericoloso banco di prova per la presidente Park, che da mesi si trova in un impasse politico dal quale non riesce a uscire. La stampa le ha definite “elezioni generali in miniatura”, perché il Saenuri rischia di non raggiungere la maggioranza in Parlamento (attualmente ha il 49 per cento dei posti, gli basta vincere in quattro distretti per ottenere una maggioranza relativa).

     

    Per l’opinione pubblica il governo ha avuto un ruolo cruciale nella gestione disastrosa dell’affondamento del traghetto Sewol, che il 16 aprile scorso ha provocato almeno 294 morti e dieci dispersi, quasi tutti studenti. Il presidente Park ha dovuto sciogliere la Guardia costiera e la polizia è riuscita a trovare il misterioso imprenditore proprietario del traghetto, Yoo Byung-eun, solo il 12 giugno, morto. Yoo era scomparso dall’inizio di maggio e il governo per oltre due mesi aveva condotto un’imponente e costosa caccia all’uomo.

     

    Il 27 aprile scorso il primo ministro Chung Hong-won, l’uomo fidato di Park, è stato costretto alle dimissioni. E nonostante le consultazioni, non si è ancora raggiunto un accordo per nominare un nuovo primo ministro. In Aula il disegno di legge speciale sulla Sewol, che dovrebbe portare alla creazione di una commissione d’inchiesta per individuare le responsabilità della tragedia, sta bloccando i lavori parlamentari da giorni, visto l’ostruzionismo di chi si oppone a dare poteri giudiziari alla commissione.

     

    Intanto il gradimento del primo presidente donna di Seul è in discesa libera, per questo nei tredici giorni di campagna elettorale i dirigenti del Saenuri hanno puntato tutto sul riavvicinamento con il corpo elettorale (“Saenuri party is ONE”, una cosa sola, “con il tuo cuore”) cercando un profilo meno austero e ingessato. All’inizio di luglio era stato Lee Jun-seok, ventinovenne capo dei giovani del Saenuri, a criticare ferocemente i vecchi dirigenti del suo partito, “unfit”, incapaci di gestire i problemi politici e responsabili della dispersione del voto dei giovani. La risposta del Saenuri è arrivata in calzoncini e cappellino. Il rinnovamento dell’immagine prima delle elezioni è una pratica diffusa tra i partiti politici sudcoreani, e in alcuni casi funziona pure. La prima rivoluzione di stile il Saenuri l’aveva vissuta nel 2012, quando da Grand National Party cambiò nome con quello attuale. Ma soprattutto cambiò colore, da blu – tinta con la quale erano conosciuti fino ad allora i partiti conservatori in Corea – a rosso fuoco.

    • Giulia Pompili
    • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.